Rosario Livatino, il giudice "ragazzino"

a cura di Team Livatino - I.I.S. G.B. Odierna di Palma di Montechiaro

Rosario Livatino, il giudice "ragazzino", assassinato dalla mafia a 37 anni sulla Strada Statale 640. Magistrato cattolico, ispirato quotidianamente dalla grazia della fede, viveva con coerenza il suo ruolo di servitore dello Stato. Il Papa lo beatifica come martire della legalità, della giustizia e della fede il 9 maggio 2021 ad Agrigento. 

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Storia di un giudice

Rosario Angelo Livatino è il più giovane tra i magistrati uccisi dalla mafia in ragione del loro coerente servizio . “Giudice ragazzino” è l’appellativo con cui viene ricordato perché, quando è brutalmente assassinato per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda, ha poco meno di 38 anni. Ma il giudice Livatino, sin dall'inizio della sua professione, si è rivelato come un grande magistrato, coraggioso e riservato che ha saputo fondere insieme fede, ragione e professione.

Nasce il 3 ottobre 1952 a Canicattì da Vincenzo Livatino e Rosalia Corbo. Dopo il diploma, conseguito presso il liceo locale Ugo Foscolo, si impegna nell'azione cattolica, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza di Palermo nel 1971 e si laurea a soli 22 anni con il massimo dei voti.

Entra in Magistratura, risultato tra i primi al concorso, nel 1978 e, quando viene ucciso, è giudice a latere presso il Tribunale di Agrigento. Rosario Livatino esercita la sua professione come un bravo, coscienzioso e incorruttibile magistrato in un mondo giudiziario in crisi ancora poco organizzato nella lotta alla mafia. Nonostante sia consapevole dei rischi, rifiuta la scorta per salvare gli agenti di polizia che avrebbero dovuto proteggerlo. Sa coniugare ragione, fede e professione con grande maturità intellettuale.

Qualche anno prima della morte, da sostituto procuratore conduce le indagini sugli interessi economici della mafia agrigentina, sull’intreccio tra mafia e affari. Stando alla sentenza che ha condannato esecutori e mandanti del suo omicidio, Livatino è ucciso perché «perseguiva le cosche mafiose impedendone l’attività criminale, laddove si sarebbe preteso un trattamento lassista, cioè una gestione giudiziaria se non compiacente, almeno, pur inconsapevolmente, debole, che è poi quella non rara che ha consentito la proliferazione, il rafforzamento e l'espansione della mafia».

Viene ucciso il 21 settembre nel 1990 nella statale 640 Caltanissetta- Agrigento sul viadotto Gasena: la sua Ford Fiesta viene affiancata da quella dei sicari; il giudice, uscito dall’auto, tende un’inutile fuga nella scarpata, ma è raggiunto dai colpi di pistola. Spira dopo aver rivolto ai suoi spietati assassini la domanda: “Picciotti, cosa vi ho fatto?”. Livatino è stato solo ligio al suo dovere di uomo di legge.

L’appellativo “ragazzino”, espressione che il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga pronuncia qualche anno dopo, facendo riferimento ai giovani magistrati poco esperti nei complessi processi di mafia, non rende giustizia all’impegno e al sacrificio del giudice. Il Papa riconoscendo il suo martirio, lo beatifica come martire della legalità, della giustizia e della fede il 9 maggio 2021 ad Agrigento.

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I funerali si svolsero il 22 settembre nella Basilica di San Diego a Canicattì alla presenza di migliaia di persone. Presenti anche Paolo Borsellino e Giovani Falcone in lacrime.

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Un uomo straordinario nella sua ordinarietà

La vita del giudice Rosario Livatino, è semplice come quella di un uomo qualunque. Un uomo ordinario che nella sua semplicità e nella sua saggezza agisce in modo eroico e straordinario. Incorruttibile, coerente, inamovibile, affettuoso con il padre e la madre, si dedica anima e corpo alla sua professione conducendo una vita molto riservata, non rilasciando interviste ai giornalisti e presentandosi in pubblico rarissime volte.

 Nel silenzio professa la sua fede intima e profonda riuscendo anche a fondere professione e religione. Ogni mattina, arrivato ad Agrigento, prima di entrare in tribunale, è solito fare sosta presso la chiesetta di San Giuseppe, poco frequentata, ove prega affidandosi a Dio. Sulla scrivania del suo ufficio non mancano il crocifisso e un testo del Vangelo, sicuramente molto consultato viste le annotazioni poste ai margini delle pagine. La sua fervida fede rimane nascosta fino alla sua morte perché non ha amato ostentarla. 

Nei suoi scritti viene delineata la figura del giudice, la cui credibilità è frutto delle sue qualità quali l’indipendenza, la libertà morale, la fedeltà ai principi, lo spirito di sacrificio, la chiarezza e la linearità delle decisioni, la moralità, la trasparenza della condotta morale non solo in ufficio ma anche nella vita sociale e familiare. Si distingue per la capacità e la forza di condurre indagini rischiose senza contaminare prove e informazioni. Manifesto di questo concetto è il testamento spirituale e intellettuale che il giudice Livatino ha lasciato scritto nei suoi appunti: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”. Per il suo forte senso di giustizia, ma anche per la sua profonda conoscenza del fenomeno mafioso, gli vengono affidate indagini molto delicate e rischiose entrando così nel mirino di Cosa Nostra. Sceglie di far parte del collegio chiamato a decidere sulla confisca di beni appartenenti a intoccabili capifamiglia che poi decideranno di ucciderlo. Anche se consapevole del pericolo, è lui a chiedere l'affidamento delle indagini più complesse in virtù del fatto che non ha una famiglia, ma solo Dio come protezione. Nelle sue agendine, in cui appuntava le sue riflessioni, i successi e le sue delusioni, è solito scrivere nella pagina iniziale la sigla S.T.D., sub tutela Dei, cioè la sua intenzione di porre sé stesso e le sue decisioni sotto lo sguardo di Dio.

Il giudice credibile e credente trova un rapporto con Dio nel difficile compito del giudicare e condannare. Il problema della giustizia Rosario Livatino lo assume ben presto come una vera missione. Egli scrive: “Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell'amore verso la persona giudicata.” La giustizia per Livatino è un’istituzione umana utile per allontanare l’uomo dal male e indirizzarlo al bene, che è accoglienza, solidarietà, collaborazione, amore. La testimonianza, improntata sulla carità, può contagiare gli altri allontanandoli dal compiere il male. Alla luce della sua fede e del suo sacrificio, il 21 dicembre 2020, Papa Francesco con un decreto ne riconosce il martirio in odium fidei.

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Era solito appuntare importanti riflessioni sulla Costituzione e sulla fede intima in Dio su piccole agendine. Nella pagina iniziale era posta la sigla S.T.D.(sub tutela dei, sotto lo sguardo di Dio)

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“Picciotti, che cosa vi ho fatto?”

L’uccisione del giudice provoca una reazione da parte delle Procure siciliane che minacciano dimissioni di massa perché nella lotta alla mafia i magistrati si sentono abbandonati e non abbastanza tutelati dallo Stato. I fidati colleghi del giudice Livatino, Roberto Saieva e Fabio Salamone, denunciano la mancanza di protezione di tutti i magistrati impegnati nelle complesse e rischiose indagini antimafia, mentre alcune affermazioni del giudice Francesco Maggio sembrano alludere all’indifferenza e all’inerzia dei superiori del giudice assassinato, provocando parecchie polemiche.

L’ uccisione di Livatino serve a mettere in moto un processo di riforma della magistratura dormiente per renderla messo lassista, più seria e severa, soprattutto nella lotta contro la mafia. A tale rinnovamento partecipano in prima linea Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; quest’ultimo curerà gran parte delle indagini sulla morte di Livatino.

Intanto le indagini sull’omicidio danno i primi risultati grazie a Pietro Nava, agente di commercio milanese, responsabile per il Sud di una grande azienda di porte blindate, testimone oculare dell’agguato. Dopo soli pochi giorni, il 7 ottobre 1990, gli uomini della Polizia di Stato, guidati dal dirigente Gianni De Gennaro e in collaborazione con la polizia tedesca, individuano ed arrestano in Germania alcuni dei responsabili della morte, ai quali dopo poco tempo, si aggiungono altri nomi.

Mentre il testimone oculare Nava, non pentendosi mai della sua testimonianza, cambia identità, tutelato da un programma di protezione, alcuni dei sicari di Livatino cominciano a maturare un percorso di serio pentimento. La frase pronunciata da Rosario Livatino, poco prima della morte, rivolta ai suoi sicari, “Picciotti, che cosa vi ho fatto?”, sveglia la coscienza in uno dei killer, Gaetano Puzzangaro, ritenendosi vittima di false lusinghe, quali denaro e rispetto, che gli tolgono la libertà e la dignità di uomo. Ucciso proprio per la correttezza, l’indipendenza e la fedeltà al suo giuramento, il giudice ispira la conversione del suo sicario quale modello di onestà, coerenza e credibilità. La richiesta di perdono del killer testimonia che la giustizia umana fa il suo corso, mentre Dio indica la via per potersi rialzare, per ricucire le ferite provocate da azioni scellerate e per continuare a vivere come uomini nuovi.

 

 

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Gaetano Puzzangaro è uno dei killer che, pentitosi del crimine commesso, inizia un percorso spirituale che lo porta a testimoniare nella causa di beatificazione di Livatino.

"Vita mutatur non tollitur". Una stele per non dimenticare ( "U giudici picciriddu", testo e musiche di Antonio Zarcone, 2021).

La stele commemorativa del giudice Rosario Livatino si trova sulla strada statale 640 Caltanissetta-Agrigento. 

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Un beato con la toga

Il Papa Giovanni Paolo II, prendendo atto dell’agire del giudice, lo definisce “martire della giustizia e della fede”, in occasione della sua visita pastorale ad Agrigento, il 9 maggio 1993. Ottenuto il nulla osta da parte della Santa Sede, l’11 maggio 2011, la diocesi di Agrigento dà inizio alla causa di beatificazione e canonizzazione, per accertare l' effettivo martirio in odio alla fede. Il processo diocesano è aperto a Canicattì il 21 settembre 2011 e si conclude ad Agrigento il 3 ottobre 2018. Determinanti nel processo sono le diverse testimonianze di parenti, compagni di scuola, colleghi, ex insegnanti di Rosario Livatino, ma fondamentale sono le affermazioni degli assassini del giudice, tra cui Gaetano Puzzangaro, uno dei quattro killer incaricati di uccidere il magistrato, pentitosi del gesto compiuto: "Oggi mi farei ammazzare piuttosto che rifare ciò che ho fatto, ho testimoniato per la causa di beatificazione di Livatino perché era doveroso". Nelle sue parole, il rammarico per non aver chiesto scusa ai genitori di Livatino, mentre erano vivi. Il 21 dicembre 2020 papa Francesco, che nutre una profonda ammirazione nei confronti del giudice, ha autorizzato la promulgazione del decreto sul suo martirio, aprendo la via alla sua beatificazione. Egli lo definisce così: "E' un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto". E ancora dice: “Livatino ha lasciato a tutti noi un esempio luminoso di come la fede possa esprimersi compiutamente nel servizio alla comunità civile e alle sue leggi; e di come l’obbedienza alla Chiesa possa coniugarsi con l’obbedienza allo Stato, in particolare con il ministero, delicato e importante, di far rispettare e applicare la legge”. La scelta del giorno della beatificazione non è per nulla casuale: è l'anniversario dello storico appello alla conversione che San Giovanni Paolo II pronuncia nella Valle dei templi: "...Qui ci vuole civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”. Il 9 maggio è anche l’anniversario dell’uccisione per mano mafiosa di Peppino Impastato, nel 1978 a soli 30 anni, giornalista di Cinisi, in provincia di Palermo, noto per le sue denunce contro le attività di Cosa Nostra. La cerimonia si svolge domenica 9 maggio 2021 alle ore 10.00, nella cattedrale di Agrigento e viene trasmessa su RAI 1. A presiedere la messa è il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. La celebrazione si svolge nel rispetto delle misure per il contrasto e il contenimento della pandemia, secondo quanto previsto dal Protocollo del 7 maggio 2020, integrato con le successive indicazioni del Comitato tecnico-scientifico.

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Il 9 maggio 1993, il papa Giovanni Paolo II, in visita pastorale in Sicilia, incontra in forma privata i genitori del giudice, Rosalia Corbo e Vincenzo Livatino, restando scosso di quanto ascoltato.

L'incontro con gli anziani genitori di Rosario Livatino ha provocato al Papa una santa inquietudine che lo porta a pronunciare a voce alta l'anatema contro la mafia.

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Uomo di legge e uomo di Cristo

Le riflessioni sulla legge e sui valori civili annotate nelle agendine del giudice, rivelano una personalità di elevato spessore morale. Dai suoi scritti, che hanno un forte carattere educativo, si deduce il profondo rispetto per i valori laici della Costituzione e l'amore verso Dio. Egli sostiene che le leggi servono a tutelare la dignità dell'uomo, diritto sacro e inviolabile. La condanna, quindi, è la giusta via per il pentimento e offre la possibilità di ricucire la ferita che il colpevole ha provocato alla sua dignità. Il giudice non disprezza l'imputato perché aldilà del reato vede l'uomo con le sue debolezze. Livatino umanizza la professione del giudice; egli è tra i pochi che dopo un'udienza porge agli imputati la mano guardandoli negli occhi. Il suo martirio equivale all’annientamento della democrazia da parte di organizzazioni mafiose che agiscono indipendentemente dalle leggi dello Stato. E il suo sacrificio di difensore della Repubblica, deve essere testimonianza costante di fede, di amore e di rispetto della Costituzione. Il suo esempio può divenire un mezzo importante di lotta contro gli atteggiamenti mafiosi ormai radicati, svegliando le coscienze, a partire dai più giovani, per avviare un cambiamento civile nella società. Livatino diviene modello credibile che ragazzi, uomini, studenti, professionisti devono imitare per realizzare una società nuova.

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Beatificazione del giudice Livatino, 9 maggio 2021, Cattedrale di Agrigento

Il Papa, durante l'Angelus, annuncia lo straordinario evento della beatificazione del giudice Rosario Livatino.

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Filmografia

La storia di Rosario Livatino, sostituto procuratore della Repubblica di Agrigento, che alla fine degli anni Ottanta, pur circondato da un clima di diffusa pavidità, omertà e connivenza, nonostante la sua giovane età, si batte senza tregua contro il potere criminale delle cosche mafiose del territorio, viene ricordata in una interessante filmografia tesa a evidenziare le eccezionali doti di coraggio, tenacia e inflessibilità.

Filmografia

-Il giudice ragazzino, un film drammatico del 1994 diretto da Alessandro Di Robilant e interpretato dall'attore italiano Giulio Scarpati. Narra la storia del giudice ragazzino fino alla sua uccisione. Giulio Scarpati vinse un David di Donatello come migliore attore protagonista.

-Testimone a rischio, un film drammatico del 1997 diretto da Pasquale Pozzessere, interpretato dall'attore Fabrizio Bentivoglio. Narra la vicenda di Pietro Nava, testimone oculare dell'omicidio del giudice Rosario Livatino.

-Un giudice ragazzino, cortometraggio realizzato in occasione del 28esimo Anniversario della scomparsa del giudice. Sceneggiatura di Marika A. Carolla, tratto dall'omonimo romanzo di Salvatore Renna.

-Luce verticale, film di genere documentario del 2007, diretto da Salvatore Presti, con Francesco Giuffrida e Flavio Volpe. Durata 45 minuti.

-"Picciotti, che cosa vi ho fatto?" documentario realizzato in collaborazione con il Centro per la cultura e la Comunicazione dell’Arcidiocesi di Agrigento in occasione della beatificazione, a cura di Fausto Della Ceca, ideato e scritto da Giuseppe Cutrona, regia di Simone Di Tella e produzione di Sara Brogi.

-L'attore e regista Michele Placido nella primavera del 2021 lavora su una nuova fiction sulla figura di Rosario Livatino: “Ho un compito bello, mi dà entusiasmo e mi sento onorato di poter fare una serie televisiva sulla figura straordinaria di Rosario Livatino, figura eccezionale che ha dato l’esempio su cosa vuol dire essere un magistrato in quei tempi che sono stati memorabili per la storia della mafia”, dice lo stesso Placido, giunto ad Agrigento per partecipare alla cerimonia di beatificazione del giudice Rosario Livatino. “Farò delle ricerche, starò qui a lavorare per circa un anno alla fiction, continua Placido. Il set sarà Agrigento, perché è qui che sono cresciuto culturalmente grazie a Pirandello; accanto ad un gigante della cultura entra un gigante della magistratura, e Agrigento si deve assumere una grande responsabilità, quella di una provincia siciliana che deve fare un grande salto di qualità”. Nel progetto, che sarà prodotto da Rai Fiction, tra gli sceneggiatori anche il regista favarese Toni Trupia. (www.grandangoloagrigento.it)

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Ritratto del Giudice Livatino, realizzato da Giuseppe Puma

Ritratto del giudice Rosario Livatino, realizzato da Giuseppe Puma

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Bibliografia

  • Chiari E., Storia di Rosario Livatino, il giudice ragazzino, in www.Famigliacristiana.it, 22/12/2020

    Rosario Livatino. La vita, in https://www.centrostudilivatino.it/rosario-livatino/

  • Mistretta R., Rosario Livatino, l'uomo, il giudice, il credente, Ed. Paoline, 2015.

    Livatino, il 9 maggio ad Agrigento, la beatificazione, in www.LaSicilia.it, 05/02/2021

  • Omicidio Livatino, il testimone Pietro Nava, www.tp24.it, 18 settembre 2020

    Della Monica M., Livatino, si pente uno dei killer, www.Avvenire.it, 30 Giugno 2016

  • Beatificazione di Rosario Livatino, https://www.agrigentonotizie.it/cronaca/beatificazione-rosario-livatino-messa-9-maggio, 14 Aprile 2021

    Grana F., R. Livatino, il 9 maggio ad Agrigento..., https://www.ilfattoquotidiano.it, 6/02/2021


Autori

Team Livatino - I.I.S. G.B. Odierna di Palma di Montechiaro

  • prof. Carmelo Ferrara (coordinamento)
  • prof.ssa Pamela Todaro (coordinamento)
  • Lorenzo Arcadipane
  • Maria Rita Balistreri
  • Angelo Ingiaimo
  • Melanie Lauricella
  • Giuseppe Puma