Palma e i Tomasi: le origini
Intimamente legata alla storia della nobile famiglia Tomasi, Palma di Montechiaro, ottenuta la "licentia populandi” dal re Filippo IV di Spagna, viene fondata nel 1637 da Carlo e Giulio Tomasi in un luogo felice, per l’aria salubre e per la fertilità del terreno, distante circa trenta chilometri da Agrigento, in un ampio terrazzo naturale che volge gradatamente verso il mare Mediterraneo. I Tomasi, nell’interesse della fede, rendendo inscindibile il concetto di feudalesimo e religione, creano un luogo che rispecchia il modello economico del latifondo cerealicolo-pastorale, pervaso da una rilevante impronta sacrale, che progredisce grazie a interventi innovativi mirati ad accrescere il prestigio nobiliare e l’economia locale. L’edificazione di chiese, monasteri e confraternite ha come obiettivo quello di conferire, secondo i precetti della Chiesa, l’usanza e il gusto barocco del tempo, sacralità e fervore religioso, nutrito anche da riti e solenni celebrazioni stagionali molto intense che nel tempo da un lato attireranno pellegrini e viaggiatori e dall’altro costituiranno un notevole bagaglio di tradizioni, alcune delle quali, tramandate di generazione in generazione, ancora sentite. Un consistente numero di pellegrini, mossi da viva fede, giungerà periodicamente a Palma, definita la “nuova Gerusalemme”, provenienti da luoghi limitrofi e distanti. [1] L’impianto della città a maglia ortogonale è caratterizzato dalla presenza dei più importanti edifici monumentali, quali il Palazzo Ducale del Gattopardo, residenza dei Tomasi, costruito in un secondo momento dopo che il primo palazzo viene assorbito dal convento delle suore Benedettine, la Chiesa Madre, edificata tra il 1666 e il 1703, collocata in cima a una spettacolare scalinata, il Monastero delle Benedettine, nato come residenza e poi donato dal duca alla moglie e alle figlie dopo aver preso la meditata decisione di consacrarsi a Dio. Quest’ultimo si identificherà con il “Monastero di Santo Spirito” di Giuseppe Tomasi nel celebre romanzo “Il Gattopardo”, dove si confezionano ancora i mandorlati tanto graditi da Don Fabrizio. Significative sono anche le iniziative della famiglia Tomasi di carattere sociale, culturale e previdenziale, volte a favorire l’incremento agricolo e la diffusione di studi e ricerche scientifiche che promuovono il progresso civile ed il benessere sociale delle famiglie dei coloni provenienti dai territori sud-orientali dell’isola, come la costruzione di un ospedale, asili e ricoveri per poveri e assegnazioni alimentari agli indigenti. [2] Un secolo più tardi lo sviluppo demografico e la fioritura economica rendono Palma notevolmente rigogliosa tanto che l'abate Jean-Claude Richard de Saint-Non nel suo " Voyage pittoresque " rimane incantato “dalla vallata arcadica di Palma” e scrive " ...Questa graziosa cittadina è molto popolata ed ha una posizione incantevole: i dintorni sono pieni di giardini deliziosi e tutto questo paese è in genere d'una abbondanza enorme di vigneti, di coltivazioni e di ogni sorta di alberi da frutta..." [3]
La decadenza
Terminato il periodo aureo, lo sviluppo economico, urbano e demografico di Palma si arresta lentamente: sotto la dominazione borbonica non si registra nessuna evoluzione e ancor peggio dopo l’unità d’Italia quando il nuovo Stato, con l’inasprimento fiscale e in mancanza di interventi a sostegno del territorio siciliano, stronca definitivamente ogni opportunità di sviluppo economico e sociale della popolazione. I capitali del Meridione e quindi anche dei fiorenti centri siciliani, come Palma, furono utilizzati per finanziare opere di bonifica e costruzioni industriali nelle regioni del nord, quali Piemonte, Toscana e Lombardia. Ne deriva un lungo periodo di regresso, difficoltà e immobilismo i cui segni si possono cogliere nei secoli successivi con la diffusione di analfabetismo, povertà, degrado, epidemie fino ad arrivare al 1960. Tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 la situazione economica di alcuni paesi europei, compresa l’Italia, cambia; hanno impulso l’attività imprenditoriale e le attività private. Anche l’Italia sperimenta una considerevole crescita economica industriale, adottando tecnologie avanzate e metodologie che prevedono la piena occupazione e bassa inflazione. Lo Stato italiano cerca di creare le condizioni per un processo continuo di crescita della ricchezza con investimento tecnologico e con intervento sulle strutture della società al fine di eliminare gli squilibri economici e settoriali, ovvero i dualismi, soprattutto quelli che riguardano Nord e Sud, l’agricoltura e l’industria, il mondo imprenditoriale e il mondo operaio. Il sud con la sua debole struttura economica rimane, comunque, ai margini del progresso. Lungi da un omogeneo sviluppo industriale e vista la richiesta di mano d’opera dall’Italia del Nord, nonché dai Paesi europei, i siciliani emigrano svuotando campagne e paesi.[4] Minacciati da condizioni di vita sempre più precarie, non riponendo alcuna fiducia nelle blande iniziative politiche nazionali e locali, tantissimi giovani palmesi lasciano la loro terra in cerca di fortuna, mentre altri, perdendo fiducia nelle proprie capacità intellettive e morali, si abbandonano al fatalismo, rassegnandosi e accontentandosi di quel poco che il luogo nativo offre, incapaci di azioni propositive e realizzative.[5] Molte famiglie si impoveriscono e per un lungo periodo nessuno conoscerà le loro tristi e sconfortanti condizioni di vita.
Il Convegno: “Palma al centro del mondo”
Dopo un lungo periodo buio e silenzioso, Palma di Montechiaro si ritrova al centro del mondo nel 1960, quando dal 27 al 29 Aprile si svolge, presso il Teatro Chiaramonte, un Convegno, di notevole valore storico e sociologico, organizzato dal Centro Studi e Iniziative per l’occupazione del riformatore sociale Danilo Dolci. Anche la cruda realtà palmese, degradata e critica, diviene oggetto di indagine, riflessione e interventi ragguardevoli da parte di esperti nel campo medico, politico, giornalistico e tecnico che giungono a Palma per dare il loro contributo. L’obiettivo del convegno è quello di trovare e proporre soluzioni alle criticità del paese favorendone lo sviluppo attraverso l’impegno politico, civile e culturale. Palma “da paese depresso, diviene teatro di un possibile cambiamento”. [8] In realtà l’anno precedente al Convegno già un’inchiesta dal titolo “ L’Africa in casa” promossa dal giornale L’Espresso, con cui denuncia le misere condizioni di vita del Meridione, smuove l’opinione pubblica nazionale sulla tematica della miseria di determinati strati sociali.[9] Il Convegno del 1960, dunque, nasce dalla necessità di documentare, analizzare e risolvere i problemi derivanti dalla povertà. Lo stesso Carlo Levi, nel discorso di apertura del Convegno sostiene: “Qui siamo nella terra del Gattopardo: il cui pensiero amaro è che nulla può essere fatto, che la realtà è immobile. Il Convegno è una specie di confutazione del Gattopardo…Se oggi si chiedono case, fogne, strade, una diga, scuole e cure mediche, queste semplici richieste…nascono da un atto di fiducia nella propria esistenza umana…Il contributo che gli uomini di cultura, i tecnici, gli scienziati (presenti al Convegno), possono portare è grandissimo, a condizione che essi, come quelli che hanno voluto ed organizzato questo convegno, si rendano conto del senso e del valore del primo passo e della necessità…che si trasformi in azione, che l’azione abbia successo.”
Palma di Montechiaro è scelta come sede del Convegno perché tra i più significativi luoghi della situazione emergenziale. Calogero Bellia, Commissario Straordinario al Comune di Palma, nel suo discorso presenta Palma come significativo esempio della Provincia agrigentina e vuole che essa “ diventi un caso di coscienza nazionale”. Il Cineteatro Chiaramonte, in piazza G. Matteotti, accoglie gli illustri relatori e un pubblico numeroso distribuito all’interno della struttura e anche all’esterno dove centinaia di cittadini in piedi nella piazza, vicino agli altoparlanti, seguono per tre giorni i lavori con entusiasmo, attenzione, consenso, speranza ma anche critica e indignazione. Il malcontento e l’indignazione da parte di molti cittadini palmesi comincia in parte a diffondersi perché l’analisi sociale effettuata fa riferimento solo ad alcuni quartieri particolarmente poveri e non all’intera cittadina. Ma a prescindere dalle critiche e dalle lamentele, ciò che viene mostrata è una realtà esistente, seppur marginale, che necessita di validi interventi. Danilo Dolci, Carlo Levi, Leonardo Sciascia, Ettore Biocca, Direttore dell’Istituto di Parassitologia dell’Università di Roma, il medico Silvio Pampiglione, il Presidente della Regione Sicilia, Benedetto Maiorana, sono alcune delle illustri presenze che relazionano su Palma indicando vie e soluzioni. I giornalisti presenti documentano i lavori del Convegno non trascurando gli interventi della gente locale che dà voce alle sofferenze, alle ristrettezze economiche, alla speranza mentre Danilo Dolci cerca di responsabilizzare la gente del luogo invitandola a creare lavori di gruppo, di confronto, di cooperazione per proporre possibili soluzioni ai singoli problemi specifici.
Il Processo di modernizzazione promosso da Danilo Dolci, il Gandhi della Sicilia
Tra gli anni ’50 e ’60 nel territorio siciliano opera il sociologo Danilo Dolci. Appellato da tanti come il nuovo Gandhi della Sicilia, intellettuale attivista della non violenza, dopo il suo trasferimento a Trappeto (in provincia di Palermo) nel 1952, diviene testimone della realtà indicibile in cui versano molte aree dell’isola. Nel primo periodo repubblicano le classi politiche dirigenti italiane non risolvono i problemi di degrado e arretratezza dell’isola, pertanto Dolci, con le sue risonanti iniziative, cerca di attirare l’opinione pubblica nazionale portandola a conoscenza delle condizioni drammatiche di indigenza e degrado di gran parte della popolazione siciliana, smuovendo l’indifferenza politica e sollecitando interventi costruttivi e risolutivi. La lotta non violenta di Danilo Dolci contro l’ingiustizia, la mafia, la miseria e l’emarginazione, intanto, raggiunge una tale risonanza nazionale che molti intellettuali e attivisti nel sociale gli offrono solidarietà, apprezzamento e sostegno economico.[6] Dolci, inoltre, con un approccio maieutico di tipo socratico, si propone di responsabilizzare gli individui, evocando le loro potenzialità, nella ricerca di un efficace miglioramento e riscatto sociale. Il sociologo, così, circondandosi di collaboratori sempre più numerosi, istituisce nel 1958 il Centro Studi e iniziative per la Piena Occupazione con l’intento di coinvolgere la gente locale nello sviluppo sociale ed economico della Sicilia, sostenendo il concetto di “modernizzazione attiva centrata su processi identitari nei quali le collettività si riconoscono identificandosi in una determinata cultura, in progetti, interessi e valori”[7]. Propositi di evoluzione, progresso, risanamento e riscatto animano i promotori e gli organizzatori di un Convegno a Palma di Montechiaro, dopo un’attenta analisi e raccolta di dati e testimonianze sulle misere condizioni in cui versano alcune aree dell’isola, nonché la stessa Palma.
L’indagine a Palma
Il Convegno porta a conoscenza dell’opinione pubblica italiana l’altra faccia del “miracolo economico”: la tragica immobilità, la putredine in cui vivono molte famiglie, rinchiuse nei loro tuguri condivisi con muli e maiali, le infezioni, le malattie, spesso mortali, la fame sofferta, le tragiche condizioni di vita in cui versano alcune fasce dei cittadini di Palma nonché della vicina Licata, citata, in alcune occasioni, anch’essa nelle analisi.[10] Si promuove il cambiamento ma lo si fa soprattutto con la forza dei fatti, delle storie, delle ricerche, dei dati, delle testimonianze, delle immagini che documentano la realtà effettiva senza se e senza ma. Vengono lette varie relazioni sulle gravi situazioni igienico-sanitarie, urbanistiche, economiche, sociali del luogo. Un’attenta analisi igienico-sanitaria, effettuata dal medico parassitologo dell’Università di Roma, Silvio Pampiglione, mostra una realtà da terzo mondo: in alcuni quartieri le case, in malta e gesso, sono umide, buie, perché prive di finestre, acqua, servizi igienici e sono costruite in zone attraversate da strade in terra battuta con fondo roccioso. Intere famiglie vivono in quelle precarie strutture condividendo una o due stanze, dormendo anche per terra su materassi costituiti da sacconi ripieni di crine vegetale o di paglia; rare sono le reti metalliche e il letto maggiormente in uso è formato da tavole sostenute da due supporti in ferro. È diffusa la coabitazione di animali e uomini: i muli e i cavalli, utilizzati come mezzo di trasporto, le capre e a volte animali da cortile, costituiscono un elemento fondamentale per il sostentamento della famiglia contadina e per questo viene loro riservato uno spazio all’interno dell’abitazione per preservarli dalle intemperie. In questi quartieri manca, inoltre, un adeguato sistema fognario, presente solo nelle zone centrali del paese, la cui realizzazione richiede ingenti spese che l’amministrazione comunale non può sostenere. Le donne vanno ad attingere l’acqua nelle fontane ove si recano anche per fare il bucato. I rifiuti liquidi si gettano nella cosiddetta latrinara, canaletta aperta al centro della strada ove scorre il rigagnolo delle acque nere attorno alle quali giocano i bambini incuranti delle possibili conseguenze. Legata alle carenze sanitarie e alla malnutrizione è l’insorgenza di malattie infettive anche gravi.
[10] Licata è una cittadina portuale siciliana in provincia di Agrigento che dista circa 20 Km da Palma di Montechiaro.
I dati dell'inchiesta
I dati emersi dall’inchiesta sono gravissimi. L’articolo n. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana sostiene la tutela della salute come diritto fondamentale del cittadino a cui devono essere garantite cure e attenzioni e trascurare situazioni d’emergenza del genere è per il governo una vergogna e un crimine. Il medico Pampiglione, al termine della sua inchiesta, conclude così: “ Siamo nell’era atomica; mentre gli Sputnik solcano gli spazi interplanetari, mentre in alcune nazioni vengono dissodate distese immense di terre incolte, piantate intere foreste, a Palma di Montechiaro…centinaia di famiglie vivono in tuguri…nella miseria e nella sporcizia”. Pampiglione invita i governi regionale e nazionale a prendere atto dell’emergenza immediatamente e ad adottare misure sanitarie e sociali efficaci e appropriate con la costruzione di una rete fognaria e la distribuzione dell’acqua nei quartieri esenti.
Ingente ed imperdonabile è, inoltre, l’analfabetismo, sostiene Edoardo Pancamo, deputato del Partito Comunista Italiano, dovuto a una politica scolastica poco efficace e alla mancanza di lavoro, conseguente all’arretratezza agricola e all’inesistenza di strutture industriali. Parecchi bambini sfuggono all’obbligo scolastico dopo tre anni di scuola elementare e, quando sanno appena scrivere il loro nome, raggiungono i loro padri aiutandoli nel duro lavoro della campagna ed entrando a far parte del cospicuo numero di analfabeti e semianalfabeti per i quali, a loro parere, l’istruzione scolastica non serve a nulla. La testimonianza di un Direttore della Scuola di Avviamento di Palma, Francesco D’Orsi, evidenzia le critiche condizioni della scuola siciliana di quel tempo ancora incapace di lottare contro l’evasione scolastica e la mancanza di fonti per aiutare le famiglie povere che non potevano acquistare nemmeno i quaderni per i propri figli e preferivano mandarli a lavorare per portare a casa a fine giornata 400-500 lire.
Il quadro delineato dal Convegno non è affatto felice e anche se le analisi si riferiscono solo ad alcune zone, Palma nella sua interezza nei giornali diviene il paese siciliano povero per eccellenza che presenta un tasso elevato di analfabeti e di famiglie povere che lavorano nelle campagne dei ricchi e sopravvivono con i prodotti della campagna, quale compenso del proprio lavoro, non sempre sufficienti per la loro sopravvivenza precaria minacciata da malattie e malnutrizione. Anche le attività private sono limitate: non ci si sente sicuri di mantenere una “bottega aperta” in un paese così povero. Solo una ristretta fascia della popolazione che vive nel centro storico costituita da impiegati comunali e statali può mantenere mediamente le proprie famiglie e assicurare l’istruzione scolastica. Chi non possiede niente costituisce la maggior parte della popolazione e vive in ristrettezze economiche. I poveri si alimentano con pane e talvolta con pasta di grano fatti in casa, olive nere e bianche, verdure, legumi, cipolle, insalata di pomidoro. Vino e olio si vendono di contrabbando o si ottengono in cambio di galline, uova e maiali. L’attività agricola arretrata non assicura sempre il lavoro e abbrutisce sempre di più gli uomini ignoranti e poveri. L’intervento di un giovane studente, Giulio Castellino, futuro Dirigente del Servizio d’Igiene pubblica presso la Usl di Agrigento, ucciso dalla mafia nel 1997, mette in evidenza il desiderio dei giovani palmesi di speranza e di miglioramento conseguente ad un probabile sviluppo agricolo, industriale e commerciale. Chi appartiene alla sua generazione preferisce morire piuttosto che il duro lavoro della campagna che annienta la vita degli uomini. Ed è per questo che tra gli anni ’60 e ’70 molti giovani espatrieranno in cerca di un lavoro che assicurerà per tanti un tenore di vita dignitoso. [11]
Dopo il Convegno
Le denunce derivanti dal Convegno non restano sorde e intanto qualcuno, grato a Danilo Dolci, sul posto comincia ad organizzarsi e lavorare per lo sviluppo. Due mesi dopo il convegno, a Licata scoppia la tragica rivolta del 5 luglio contro la miseria e la mancanza d’acqua.[12] La Regione non resta indifferente e nel 1963 vota la Legge Speciale per Licata e Palma: un piano di risanamento socio-economico che prevede piani regolatori, costruzione di dighe, nuove strade e un sistema fognario efficiente.[13] La classe politica va incontro a un fallimento forse perché non sa utilizzare le somme di denaro stanziate. Emerge una crisi preoccupante dalla quale si fugge con l’emigrazione che diventerà la sola salvezza per sopravvivere. Per lunghi anni Palma avrà gli stessi problemi denunciati durante il convegno il cui quadro è identico a quello di molti altri paesi siciliani, senz’acqua e fognature, che vivono dei soldi spediti dagli emigrati alle famiglie. I palmesi vogliono usufruire del miracolo economico e per farlo vanno in cerca di lavoro lontano dal natio paese: Francia , Gran Bretagna e soprattutto in Germania sono le mete raggiunte. Gli emigrati negli anni ’70 possono così mantenere la famiglia, mandare i figli a scuola, costruirsi una casa e comperarsi un pezzo di terra da lavorare. Comincia a circolare il denaro e cambiare l’aspetto del paese. Nascono i primi negozi, i mercati di alimentari, si ristrutturano le vecchie case, se ne costruiscono di nuove ampliando il perimetro urbano, mentre i giovani vestono alla moda e desiderano anche divertirsi.[14] La gran parte della manodopera rimasta a Palma però risulta disoccupata o sottopagata divenendo a volte serbatoio disponibile al reclutamento delinquenziale. Quella di Palma è una “questione” ancora aperta ma si può con forza affermare che l’eco del convegno è rimasto vivo per lungo tempo e forse ispirandosi ad esso la classe politica negli anni a venire è riuscita ad attuare interventi vari di riqualificazione urbana e agricola di cui oggi ne gode il paese: rete fognaria e idrica, incentivazione dell’agricoltura e cura della produzione di alcuni prodotti, in particolare uva da tavola, vino, olio d’oliva, meloni da serra, venduti e acquistati su richiesta anche all’estero, creazione di impianti industriali, di un poliambulatorio, di edifici scolastici, di una biblioteca comunale, strutture e attrezzature sportive.
Palma nel 2022
La rilettura degli Atti del Convegno del ’60, oggi nel 2022, mostra che quelle che sembravano idee e soluzioni visionarie e utopiche sono diventate fatti concreti, realizzati in diversi ambiti della società palmese, quali economia e produzione, educazione e istruzione, salute e welfare, mediante lavori di completamento urbano e di miglioramento della viabilità, di recupero, restauro, riqualificazione, rigenerazione e rinaturalizzazione di quartieri, edifici, monumenti, aree periferiche e storiche e di potenziamento dei servizi alla persona. Fondamentale per un omogeneo sviluppo urbano è la diffusione della cultura come strumento di lotta contro l’ignoranza e la superstizione, come sottolineato anche da Danilo Dolci nel ’60. Proprio per questo la frequente promozione di attività culturali, sociali e didattiche mira a formare ed educare la popolazione a un onesto vivere civile. Ancora resta tanto da fare, da completare, da iniziare soprattutto riguardo l’occupazione, lo sviluppo economico e turistico e l’educazione alla legalità. Si sogna un futuro mai visto nel senso storico dei fatti e nel senso ideale di un cambiamento, che si spera sia realizzabile come lo sono stati in gran parte i sogni dei giovani del ’60.
Il video mostra la differenza delle condizioni di vita a Palma di Montechiaro tra passato e presente.