Carta d'Identità
La centrale oggetto di studio, si trova nella regione Lazio, in provincia di Frosinone, nel comune di Sant'Elia Fiumerapido e nello specifico nella frazione di Olivella. Essa ha iniziato a funzionare nel 1954 ed è attualmente in attività di proprietà dell'ENEL1. Per la produzione sfrutta sei turbine di tipo Pelton2 nelle quali viene convogliata l'acqua del fiume Melfa. La straordinarietà di tale impianto risiede non solo nel fatto di essere stato il primo nell'Italia centro-meridionale, ma anche il più lungo d'Europa ai tempi della sua realizzazione3. Proprio per le sue caratteristiche e per la sua destinazione, in un contesto di distruzione e povertà causate dalla Seconda Guerra Mondiale, ha costituito prima un elemento di speranza e dopo un'esperienza concreta di rinascita per tutti coloro che vi hanno trovato impiego i quali, come prospettiva avevano l'emigrazione. La centrale idroelettrica di Sant'Elia Fiumerapido, pertanto, si identifica in un passaggio fondamentale nel percorso di ricostruzione post bellico, nella valorizzazione delle risorse umane e materiali del territorio, impedendone un'ulteriore dispersione che sarebbe seguita all'abbandono dei luoghi nativi da parte dei sopravvissuti.
1 Vd. M. TUCCI in www.progettodighe.it. "Il 26 giugno del 1962 viene presentato un disegno di legge che stabilisce le modalità per l'istituzione dell'ente nazionale per l'energia elettrica che, con la legge n° 1643 del 6 dicembre 1962 sancisce la nascita dell'ENEL. Da quel momento ENEL ha acquisito tutte le aziende che operano nella produzione, trasformazione, trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica e ad oggi l'ENEL è la 73° azienda al mondo per fatturato, della quale il principale azionista rimane lo Stato Italiano con circa il 23,6% del capitale sociale", wikipedia, s.v. ENEL.
2 Come si legge in Wikipedia s.v. Turbina Pelton, tale macchina motrice prende nome dal suo inventore, che l'ha brevettata nel 1880 in California, ed è ampiamente utilizzata perché assicura un alto rendimento, anche a fronte di portate poco abbondanti o in presenza di grandi salti dei corsi d'acqua utilizzati per trasformare il fluido in energia cinetica.
3 Ancor prima degli anni immediatamente successivi al secondo dopoguerra, sempre in Sant'Elia Fiumerapido, Giovanni Picano, uomo di spessore politico e culturale, nonché sindaco del paese, nel 1901 realizzò una delle prime centrali idroelettriche italiane in Via Cartiera Nuova. Essa sfruttava le acque del fiume Rapido per azionare due turbine in grado di produrre corrente continua di 110 V con una potenza di 32 Kw che garantiva l'illuminazione alle abitazioni. Con l'aumentare del fabbisogno, il figlio di Picano potenziò la centrale e ne costruì una seconda presso Campo di Manno per fornire illuminazione anche a Valvori. Tali centrali furono minate dai Tedeschi nel 1943, tuttavia, i membri della famiglia Picano riuscirono a riattivare una delle due centrali e a garantire di nuovo energia elettrica ai cittadini di ritorno a Sant'Elia dopo essere stati sfollati. Le centrali realizzate dalla famiglia Picano cessarono la loro attività nel 1968 con la nazionalizzazione dell'energia elettrica. Per un ulteriore approfondimento vd. G. PETRUCCI, A Sant'Elia la prima centrale idroelettrica, Studi Cassinati, anno 2002, n. 1, in www.cdsconlus.it.
L'impianto della centrale: tra ingegno dell'uomo e spettacolo della natura
Si definisce impianto idroelettrico l’insieme delle opere che:
• permettono di modificare il deflusso naturale delle acque di un fiume o di un torrente, allo scopo di deviarlo per un certo tratto su un nuovo percorso, con minime pendenze e altrettanto minime perdite, al termine del quale si trova concentrata tutta la cascata;
• utilizzano la cascata per azionare un motore idraulico e il relativo generatore elettrico;
• scaricano la portata utilizzata nell’alveo (pendenza di un fiume o di un torrente che può essere naturale o artificiale) dello stesso corso d’acqua a valle del punto di presa oppure nell’alveo di un altro corso d’acqua.
Il Melfa è definito parzialmente un fiume a carattere alpino proprio per molte delle sue caratteristiche, tra cui le gole e la sua temperatura particolarmente fredda per poter essere considerata quella di un fiume appenninico.
Nel corso degli anni, ha perso molta della sua portata naturale, a causa del continuo sfruttamento sia per le risorse primarie idriche sia per quelle energetiche della centrale. Questo problema è tra l’altro accentuato anche dalla perdita di svariati litri della preziosissima acqua proveniente dalla sorgente da parte di condutture idriche malfunzionanti o talvolta danneggiate e non sanate. Inoltre, sono avvenuti diversi episodi in cui il diritto del fiume, in quanto organo vitale di un ecosistema, non è stato rispettato.
È doveroso, però, considerare anche svariati aspetti spettacolari e quasi immortali di questo fiume; infatti nei periodi estivi, presso Grottacampanaro, è possibile ammirare la purissima e chiarissima acqua del fiume popolata da trote, nonostante essa sia contenuta in una diga del tutto artificiale. Inoltre, particolarmente suggestive sono le sue gole, situate presso la frazione di Plauto dove, per l’appunto, il Melfa si inserisce in uno scenario davvero fascinoso e oggi sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale (SIC-ZPS), le “Gole del Melfa”.
Insomma, uno spettacolo totalmente immerso e conservato nella natura quasi incontaminata, ma è certo che dobbiamo far sì che questo magnifico patrimonio ambientale non vada mai perso1.
1 Cfr. M. CINELLI in https://provincia.fr.it/contenuti/270473/fiume-melfa
La frazione di Olivella
La centrale è situata nella località Olivella, piccola frazione del comune di Sant’Elia Fiumerapido, assai vicina a Cassino e nella provincia di Frosinone. In questa frazione è stata realizzata una chiesetta, chiamata "Santa Maria dell’Ulivo". Il nome deriva, probabilmente, dalle numerose piante di olive che si trovavano nella frazione di Sant’Elia. Infatti, la frazione prese il nome recentemente (nel 1700) proprio da questa chiesetta. Olivella si estende ad ovest di Sant’Elia ed è racchiusa da una parte dal Rio Secco e dall’altra da via Sferracavalli. Il territorio è ameno, ricco di sorgenti ed esposto verso la valle del Rapido e del Liri. Buona parte della vallata è attraversata dal Rio Secco, il quale segna il confine tra Sant’Elia e Belmonte Castello. In verità, come definito dall’attributo secco, il fiume è più ricco di pietre che di acqua, ma molti ricordano che, nel 1959, la sua portata era notevole. Grazie alla presenza di queste sorgenti del Rapido, nel 1954 venne costruita la Centrale Idroelettrica dell’Olivella, ora chiamata Impianto di Cassino I.
Gli abitanti preferiscono dividere il territorio in tre zone: Olivella, Prepoie e Cisternuole. Prepoie è la zona ai confini con Belmonte Castello, mentre Cisternuole è una zona montana, che si situa alle spalle del santuario di Casalucense. La vallata compresa tra Prepoie ed Olivella era conosciuta storicamente come la Valle di Clia. Il nome deriva dal greco “declivo sosceso”, e fu dato, probabilmente, nel X sec. dai Bizantini. In questa valle fu fondato anche un villaggio, detto "Casale della Valle di Clia". In realtà, la valle era abitata dai coloni romani già nel I sec. a.C. Nel territorio ci sono ancora i resti della Antica Sferracavalli, un vecchio e importante tracciato romano che portava ad Atina.
Nei pressi della zona denominata Capanne, si trovano i resti del primo nucleo abitativo della futura Olivella. Lungo l’antica Sferracavalli si possono trovare due ponti, il “Ponticello”, costruito come le mura megalitiche, e il “Ponte Alvaro”, eretto sul fosso Cretone al confine con Belmonte Castello, a una sola campata e realizzato con una tecnica diversa dal ponte prima menzionato. Fino a una ventina di anni fa era ancora integro, costruito con blocchi calcarei e un’accurata lisciatura nelle facce in vita, oltre a un’ottima rifinitura negli angoli, formando un bel prospetto.
L'Olivella ospita anche la Chiesa più importante di Sant'Elia, ossia "Santa Maria dell'Ulivo". Essa è caratterizzata dalle seguenti particolarità: le quattro nicchie laterali, una sola navata scandita con sei archi laterali e sei altari decorati. Qui sono anche presenti il quadro "La visita della Madonna a Santa Elisabetta" di Lorenzo De Caro e la statua lignea della "Madonna dell'Ulivo"1.
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Vantaggi della centrale idroelettrica
Durante il secondo dopoguerra ci fu una vera e propria rinascita economica.
Difatti, a Sant’Elia fu inaugurata, proprio in questo periodo, la centrale idroelettrica che produsse un rilevante miglioramento economico nella zona, offrendo a centinaia di persone la possibilità di lavorare. Alcuni, infatti, furono impiegati nella costruzione della centrale, altri si occuparono del processo di produzione dell'energia, che era utilizzabile in ambito sia industriale sia commerciale sia domestico.
Appare evidente, dunque, che la centrale rappresentò una grande opportunità economica e lavorativa per tutto il territorio, ma non solo, visto che sono numerosi i vantaggi legati alla presenza di una struttura del genere, soprattutto, da un punto di vista ambientale.
Le centrali idroelettriche, infatti, sono importanti, poiché consentono sia di proteggere le zone paludose sia di allontanare il pericolo di inondazioni, grazie al contenimento dei corsi d'acqua per mezzo di dighe idroelettriche.
Esse garantiscono, pertanto, il rilascio di quantità controllate di acqua dei fiumi, regolandone il getto in modo costante.
Quindi, quali sono i vantaggi?
I vantaggi derivati da questa fonte di energia sono i seguenti:
• non ci sono emissioni inquinanti o residui;
• non è necessario il trasporto di combustibili;
•non si producono scorie.
Dunque, escludendo i costi di costruzione e manutenzione, si produce energia senza bisogno di materie prime, in quanto l’acqua è un elemento naturale prezioso e, perciò, da salvaguardare1.
1 https://energit.it/energia-idroelettrica-vantaggi-e-svantaggi/ e https://ilgiornaledellambiente.it/
Quanta elettricità genera la centrale di Sant'Elia Fiumerapido?
L'elettricità prodotta dalla centrale può essere ricavata tramite alcuni calcoli. Per far ciò abbiamo bisogno del salto massimo che l'acqua effettua ovvero dell'altezza e della portata massima:
H Max= 36,40m
Portata Max= 6,8m³/s
P(Kw)= 9,81×6,8 m³/s×36,40 m = 2428,1712 Kw
E quindi genererà una potenza pari a 2428,1712 Kwh1
Cosa potrebbe alimentare con questa produzione?
Come si apprende da https://arenergia.it/non-classe/consumo-energia-famiglia-quattro-persone/, la centrale idroelettrica di Sant'Elia Fiumerapido sarebbe in grado di alimentare una casa di 3-4 persone per un anno.
1 G. DEL MONACO, Le centrali idroelettriche, 2008, pp. 22-23.
L'approvvigionamento idrico
La principale fonte idrica della centrale è rappresentata dal fiume Melfa. Esso nasce nella valle di Canneto a 1020 m.s.l., sotto il massiccio del monte Meta, situato nel versante laziale del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise. La sua sorgente più grande è quella di Capo d'Acqua. Il fiume attraversa per 40 Km la Valle di Comino, dove viene alimentato dalle acque del rio Mollarino, e poi scorre per altri 15 Km fino a raggiungere la Valle del Liri e, all'altezza di Roccasecca confluisce nello stesso fiume Liri1. L'acqua del Melfa, utilizzata da secoli per l'approvvigionamento, l'irrigazione e per azionare opifici locali, negli anni '50 del XX secolo, in risposta alla richiesta crescente di energia idroelettrica della Bassa Ciociaria, venne sottoposta a un'ulteriore azione di captazione dalla sorgente di Capo d'Acqua, e dal 1953 alimenta la centrale idroelettrica di Sant'Elia Fiumerapido. Perciò il corso del fiume è stato sbarrato da una diga che raccoglie l'acqua in un lago artificiale situato presso Grotta Campanaro II, in località Picinisco, attraverso una galleria di derivazione lunga circa 16 Km, una sorta di grande sifone, confluisce nella vasca di carico di Valleluce, precisamente a Colle Chiavico. Dopo 25 Km le acque del Melfa, condotte in tubature, raggiungono il Monte Cifalco presso Sant'Elia Fiumerapido. Lungo il canale di derivazione viene immessa anche l'acqua derivante dallo scarico della centrale di S. Biagio Saracinisco che, con il suo apporto, contribuisce ad aumentare notevolmente la producibilità della centrale idroelettrica2.
1 E. Dai Prà (a cura di), Approcci Geo-storici e governo del territorio. Scenari nazionali e internazionali, Milano 2014, pp. 178-179.
2Cfr. ibidem, pp. 186-189 e C. Montuori, estratto da Sull'onda di riempimento nella galleria d'adduzione dell'impianto idroelettrico di Cassino I, in "L'Energia Elettrica" - Rivista mensile, vol. XXXVIII, fascicolo n. 8, 1961, pp. 1-2; M. Tucci, Le centrali Cassino (Olivella) - Sant'Elia Fiumerapido (FR), www.progettodighe.it. Come si legge nelle fonti citate, la grande vasca di carico fu realizzata a ovest della frazione Valleluce, in una depressione naturale del terreno, sbarrata a sud mediante una traversa di ritenuta e rinforzata in tutta la sua circonferenza da muri perimetrali che variano in altezza dai 10 ai 20 metri. Di qui, dalla quota di ritenuta della presa di 747 m s.l.m., dopo un salto naturale di 644.25 m in condotta forzata e tramite tubi di acciaio del diametro decrescente da m 1.60 a 1.30, le acque acquistano la potenza necessaria per alimentare la centrale di Olivella.
Portata Idrica
Per rendere efficace il funzionamento della centrale furono effettuate delle osservazioni e degli esperimenti. Tra il 1957 e il 1959 sono state condotte quattro prove in totale per calcolare la portata.
Tutto ha inizio dal lago artificiale di Grotta Campanaro II, il quale ha una capacità di 300000 m3. Tra la galleria - che ha il compito di ricevere acqua in determinate ore del giorno dallo scarico delle centrali di Grotta Campanaro e S. Biagio - e la centrale si trova una vasca con una capienza di 200 m3. Nel 1957, attraverso una prova, si era stabilita la portata sul Mollarino che era di 300 l/s invece, un'altra prova effettuata successivamente, ha fatto registrare la portata immessa al Mollarino in 500 l/s. I valori delle portate erano stati ricavati dalla consapevolezza dell'energia sprigionata dalla turbina di Grotta Campanaro. Nella prima prova, l'onda di riempimento aveva impiegato circa 35 minuti per arrivare dal Melfa al monte Ripa invece, nella seconda l'onda di riempimento si è svolta in 39 minuti e l'onda secondaria in circa 1 ora e 50 minuti. In seguito è stato rilevato che sul fondo del monte Ripa già vi si poteva trovare una piccola portata, generata dalle penetrazioni presenti poco a monte della stessa sezione di misura. Sono state eseguite ulteriori sperimentazioni per ottimizzare i risultati in funzione della morfologia1.
1 Vd. C. MONTUORI, estratto da Sull'onda di riempimento nella galleria d'adduzione dell'impianto idroelettrico di Cassino I, in "L'Energia Elettrica" - Rivista mensile, vol. XXXVIII, fascicolo n. 8, 1961, pp. 1-8. Appare necessario, a questo punto, anche chiarire il concetto di DMV, ovvero di “Deflusso Minimo Vitale”. Esso costituisce la portata istantanea da determinare in ogni tratto omogeneo del corso d’acqua, in modo da preservare il fiume in tutte le sue caratteristiche chimico-fisiche e la sua biocenosi. Per “salvaguardia delle caratteristiche fisiche del corso d’acqua” deve intendersi il mantenimento delle sue tendenze evolutive naturali (morfologiche ed idrologiche), anche in presenza delle variazioni artificialmente indotte nel tirante idrico, nella portata e nel trasporto solido; per “salvaguardia delle caratteristiche chimico-fisiche e delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali delle acque”, deve intendersi invece il mantenimento, nel tempo, dello stato di qualità chimica ed ecologica delle acque, tale da consentire il perseguimento degli obiettivi di qualità individuati ai sensi degli artt. 76, 77, 78 e 79 del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, di recepimento dell’art. 4 della Direttiva Quadro Acque, vd. www.appenninosettentrionale.it
Il "costo" della diga
"L’energia dei fiumi, come il Melfa, ha un costo sociale e ambientale", dice il Dott. Marsella.
Per quanto riguarda l'aspetto ambientale, l'Europa ha creato delle leggi per la tutela dei fiumi. Infatti le acque dolci europee sono sottoposte a sempre maggiore stress a causa delle attività economiche, della crescita della popolazione e dell’urbanizzazione in tutta Europa1.
La direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque – DQA), che istituiva un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, ha introdotto un approccio innovativo nella legislazione europea, sia dal punto di vista ambientale sia da quello amministrativo-gestionale. La direttiva aveva diversi obiettivi:
- ampliare la protezione delle acque, sia superficiali sia sotterranee;
- raggiungere lo stato di “buono” per tutte le acque entro il 31 dicembre 2015;
- gestire le risorse idriche sulla base di bacini idrografici indipendentemente dalle strutture amministrative;
- procedere attraverso un’azione che unisse limiti delle emissioni e standard di qualità;
- riconoscere a tutti i servizi idrici il giusto prezzo che tenesse conto del loro costo economico reale;
- rendere partecipi i cittadini delle scelte adottate in materia2.
Tuttavia, i funzionari di alcuni Stati membri stanno intervenendo "a gamba tesa" per indebolirla. Questa, insieme a una serie di opzioni proposte per modificare la Direttiva, sono state delineate nel documento proposto a Vienna.
“Benché sia stato presentato come un ‘documento di discussione’, la formulazione del testo e la modalità di particolare segretezza con cui è stato redatto sembrano accreditare l'idea che esistano già tutte le risposte invece che proporre domande aperte”
Così ha dichiarato Martina Mlinaric, responsabile senior delle politiche idriche dell’Ufficio Politiche Europee del WWF.
“Il documento contiene indicazioni che, se approvate a Vienna, comprometterebbero la tutela dell'acqua in Europa. Gli autori del documento sostengono che la DQA debba essere modificata per gestire al meglio le risorse idriche in Europa dopo il 2027, anno in cui dovrebbe essere conseguito l'obiettivo della ‘buona qualità ecologica delle acque’ indicato dalla Direttiva. Del resto, dietro questa tattica emerge che, a 18 anni dalla sua approvazione, si sta ancora una volta dilazionando la sua piena applicazione e si mira a ottenere maggiore flessibilità per continuare a procrastinare e a non fare nulla (solo il 43% dei 7.494 fiumi europei è considerato oggi in un buono stato ecologico). I nostri fiumi non possono sopportare altri due decenni di inerzia”.
“Solo nel 2020 ci si è messi a tavolino con chi ha 'approfittato' del fiume Melfa: ACEA ed ENEL. L'ACEA, infatti, ha ammesso di avere una perdita del 60% delle acqua incanalate, il che è un grande spreco che andrà sempre più a distruggere la flora e la fauna del monte Meta e del fiume Melfa”, conclude il Dott. Marsella.
1https://ec.europa.eu/environment/pubs/pdf/factsheets/wfd/it.pdf
Il fiume è vita e risorsa
La fauna bentonica
L'aggettivo bentonico deriva dal greco BENTHOS "abisso"1 e in composizione con il termine "fauna" fa riferimento alla categoria ecologica che comprende animali acquatici, sia d'acqua dolce sia salata, che vive in fiumi, laghi, mari, oceani2.
Ci si potrebbe chiedere perché, nella ricerca che stiamo conducendo sulla centrale idroelettrica di Sant'Elia Fiumerapido, si faccia riferimento alla fauna bentonica. Semplicemente perché l'acqua rappresenta la vita, in tutte le sue espressioni e manifestazioni. Nell'acqua vivono organismi microinvertebrati, che non superano la grandezza di un millimetro, e macroinvertebrati di dimensioni più elevate2.
Come si è già spiegato, è il fiume Melfa ad alimentare la centrale idroelettrica di Sant’Elia Fiumerapido. Esso sgorga dal monte Meta alto 2200 m., in territorio di Settefrati; per la presenza della diga, il Melfa rimane secco per buona parte dell’anno, ma quando c’è acqua, ospita una fauna particolare. Il fiume, oltre a rappresentare la fonte primaria della centrale idroelettrica, costituisce anche una meravigliosa attrazione naturale, in quanto le sue acque limpide e trasparenti assumono colorazioni diverse al cambiare del colore del cielo e della luce del sole nei vari momenti della giornata. Nei pressi di Roccasecca, inoltre, il Melfa dà vita a un'ulteriore attrattiva: compie un salto di alcuni metri, formando la cascata detta dello Spirito Santo o del Muraglione3.
La pesca
Il fiume Melfa è stato, sin dall'antichità, anche un'importante risorsa di sostentamento, in quanto offriva la possibilità di praticare la pesca. Nonostante l'esistenza di indicazioni di regolamentazione da parte dell'abbazia di Montecassino, per tutto il periodo feudale la pesca rimase una pratica pubblica. Nel corso del '500, inoltre, gli abitanti della Valle di Comino, in coincidenza della vigilia della festività dell'Assunzione, presero l'abitudine di deviare il corso del Melfa allo scopo di ottenere una maggiore quantità di pesce. Da testimonianze storiche, si apprende che a popolare le acque del fiume fossero soprattutto trote e anguille, a quanto sembra di ottima qualità4.
Energia per gli opifici
Le acque del Melfa sono state utilizzate anche per azionare i mulini. Da quanto risulta dalle fonti storiche, la costruzione del primo mulino sulle sponde del Melfa risale all'XI secolo e, nell'arco di pochi decenni, tali strutture arrivarono al numero di cinque, tutte di proprietà ecclesiastica o feudale. Nel corso dei secoli il numero dei mulini andò aumentando nel territorio locale, anche grazie all'iniziativa di privati cittadini, i quali incontrarono non poche resistenze da parte delle istituzioni che miravano a detenere il controllo dell'attività. Inoltre, le acque del Melfa furono utilizzate, a partire del '500 per il lavaggio delle fibre naturali e ciò fece fiorire anche a una forma di artigianato tessile. Successivamente, nel XVII secolo, il fiume fu utilizzato per alimentare una cartiera a Picinisco e nel XIX secolo un'altra cartiera ad Atina. Con l'invenzione dell'energia, il fiume Melfa ha rappresentato una fonte importantissima proprio la realizzazione della centrale idroelettrica e ha dato nuovo impulso allo sviluppo e all'economia del territorio5.
1 Wikipedia s.v. Benthos
2 Tra i microinvertebrati si ricordano protozoi, rotiferi, nematodi, gastrotrichi, tardigradi, idracarini e ostracodi. Mentre nei macroinvertebrati si trovano insetti, crostacei, molluschi, oligocheti, irudinei, platelminti e più raramente poriferi, celenterati e briozoi. C'è da specificare, inoltre, che a seconda dell'habitat si possono distinguere organismi bentonici, se essi vivono sul substrato, oppure planctonici se immersi nell'acqua. Tutti insieme costituiscono la vita dell'ecosistema di un fiume, ovvero la biocenosi. Vd. www.parcofluvialealtonoce.tn.it.
3 www.ciociariaturismo.it/le-gole-del-melfa-e-il-tracciolino/
4 Cfr. T. TUTINELLI - P. VISOCCHI, L'utilizzazione delle acque nel rapporto uomo-ambiente: il caso del fiume Melfa in Valle di Comino, in Terra dei Volsci. Annali del Museo Archeologico di Frosinone, 1, 1998, pp. 125-126.
5 Cfr. ibidem, pp. 128-133.
Curiosità
Bare in caso di infortuni gravi
“L’on. Restagno, nel 1948, ad appena quattro anni dalla fine delle battaglie combattute proprio sui monti di Olivella, dal piazzale della Chiesa fece brillare la prima mina, che segnò l’inizio dei lavori di costruzione della galleria minore della Centrale idroelettrica. Nei cantieri dell’impresa Girola lavorarono centinaia di operai di S. Elia e in una baracca situata a lato della chiesa erano state depositate per precauzione quindici casse funebri. Per fortuna durante i vari anni di lavoro non si verificarono incidenti mortali.”1
Le vetiche
Lungo le rive del fiume Melfa, crescono spontaneamente “le vetiche”, un tipo di vegetazione che costituisce la materia prima di cesti e panieri. In tal modo, a partire dal Cinquecento, quando le sponde del fiume Melfa erano possedimento feudale e venivano date in affitto ai privati, dai cittadini locali venivano realizzati manufatti artigianali e immessi sul mercato fino alle città di Roma e Napoli2. Tutto ciò a conferma della risorsa eccezionale rappresentata dal fiume Melfa nel corso dei secoli.
Una disputa antica sulla bontà dell'acqua
Durante il XVII secolo, l'acqua del fiume Melfa era destinata anche all'uso potabile. Nell'archivio dell'abbazia di Montecassino è conservata una curiosa testimonianza di una disputa dai toni campanilistici: un abitante di Alvito aveva osato mettere in dubbio la salubrità dell'aria e dell'acqua di Atina. All'accusa risponde un atinate che riesce a neutralizzare le critiche dell'avversario3.
Il Melfa come luogo e oggetto di culto?
L'etimologia di "Melfa" appare controversa. Per alcuni studiosi sarebbe da ricondurre a Mefite, una divinità di origine italica il cui culto era legato a laghi, fiumi e, talvolta ad acque sulfuree. Tale ipotesi verrebbe supportata da testimonianze archeologiche, in quanto nel 1958, nei pressi del santuario di Canneto, in località Capodacqua, proprio dove è situata la sorgente del fiume, sono stati portati alla luce resti di un tempio consacrato a Mefite. Esistono, peraltro, altre realtà geografiche, che presentano similitudini tra di loro: la toponomastica associata anche ad antichi culti praticati nelle vicinanze dell'acqua. E' il caso della località Melfi a Pontecorvo, sempre in provincia di Frosinone a pochi chilometri di distanza da Capodacqua, in cui aveva luogo un antico culto, nei pressi del fiume Liri, dedicato a San Giovanni Battista. Se si tiene conto soltanto della somiglianza toponomastica si può far riferimento alla città di Melfi a Potenza e di Molfetta a Bari4. Sebbene non tutti gli studiosi concordino nel ritenere una prova la coincidenza dei toponimi e la pratica di riti pagani prima e cristiani dopo, sicuramente ai nostri occhi appare molto suggestivo considerare il fiume Melfa, la fonte principale della centrale idroelettrica di Sant'Elia Fiumerapido, un luogo degno di venerazione.
1 G. PETRUCCI, La frazione di Olivella in Sant'Elia Fiumerapido, Comune di Sant'Elia Fiumerapido, 2007, p. 77 nn. 133 e 134.
2 T. TUTINELLI - P. VISOCCHI, L'utilizzazione delle acque nel rapporto uomo-ambiente: il caso del fiume Melfa in Valle di Comino, in Terra dei Volsci. Annali del Museo Archeologico di Frosinone, 1, 1998, p. 128.
3 Vd. ibidem, p. 124 e le nn. 23-27 per i riferimenti bibliografici all'episodio.
4 Cfr. ibidem, pp. 122-123 e wikipedia.org s.v. Melfa
Per concludere...