Guerra fredda nella Murgia pugliese

a cura di Classi 2A CAT - 5 A CAT - 5 B CAT - ITET "G. Salvemini" Molfetta

La ricerca “Guerra Fredda nella Murgia Pugliese” è stata svolta da studenti dell’ITET Salvemini di Molfetta, scuola secondaria di secondo grado, una classe seconda e due quinte del geometra. L'obiettivo della ricerca è stato il recupero di una parte importante della storia locale e nazionale caduta nell'oblio, nonostante il ruolo rivestito dalla nostra Repubblica nel momento di massima tensione tra USA e URSS. Abbiamo esaminato le basi nucleari installate sul territorio murgiano a partire dal 1960, i rapporti intercorsi, durante il periodo della Guerra Fredda, tra l’Italia e le due superpotenze, Unione Sovietica e Stati Uniti, i politici italiani che hanno seguito le trattative diplomatiche per la loro installazione e il loro ritiro. La prima fase, condotta dagli alunni dell’ultimo anno, si è basata sulla ricerca delle fonti e sulla successiva stesura di articoli di carattere storico. Abbiamo tradotto un documento originale, il rapporto di un aviere americano, desecretato recentemente, ed effettuato delle interviste. È seguita l’acquisizione di foto relative al periodo temporale in esame e la realizzazione di video esplicativi. Infine, nell’ultima fase sono stati effettuati dei rilievi topografici del territorio murgiano in particolare nella zona di Bitonto, ex base nucleare. 

~ • ~
~ • ~

IL PIANO MARSHALL

L’Italia, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, era un paese distrutto, indebolito per le devastazioni, a seguito dei bombardamenti dell’occupazione nazista e della guerra civile combattutasi, ma anche per le limitazione impostegli dal Trattato di Pace. Tale situazione venne risolta, sebbene solo in parte, dagli aiuti economici e militari statunitensi, in cambio, però, della permanente subordinazione italiana agli Stati Uniti. Infatti gli USA, al fine di imporre la loro autorità in Europa, vararono una serie di provvedimenti di natura economica, necessari soprattutto per la ricostruzione dei paesi devastati dalla guerra. 

In tal senso il più importante fu il Piano Marshall, approvato nel 1947, che concedeva prestiti a titolo gratuito o con tassi di interesse molto bassi per l’acquisto di materie prime e di tutti i prodotti necessari all’economia. I fondi dell’ERP (European Recovery Program) venivano gestiti dall’Eca (Economic Cooperation Administation), la quale si occupava della loro spartizione tra i singoli Stati. Tali fondi concedevano all’Italia forniture gratuite che costituivano circa l’85 per cento dell’intera somma stanziata, fondi contropartita indispensabili per la ricostruzione, prestiti industriali per l’acquisto di attrezzature non reperibili nei paesi di appartenenza, assistenza tecnica: i vari Stati potevano mandare i propri tecnici negli Stati Uniti o in qualsiasi altro Paese, allo scopo di apprendere e quindi utilizzare i progressi tecnologici nell’attività produttiva. 1

Il Piano Marshall riscosse un grande successo nel nostro Paese, permettendo, dal punto di vista politico, il consolidamento del governo De Gasperi e quindi della Democrazia Cristiana. Tuttavia, nelle fasi iniziali, i rapporti tra i funzionari americani e l’amministrazione italiana non furono del tutto idilliaci poiché il Piano Marshall prevedeva che i vari governi europei presentassero dei piani economici molto dettagliati che, invece, non erano stati redatti dai dirigenti italiani. Questo perché uno dei principali problemi del nostro Paese nel dopoguerra era l’inflazione e il governo De Gasperi temeva che l’aumento dei prezzi si sarebbe inasprito maggiormente, qualora fossero stati investiti troppo rapidamente i fondi di contropartita. In realtà la causa della divergenza iniziale Italia-Usa è da attribuirsi principalmente alla differente visione economica dei due Paesi: gli americani ricercavano soluzioni tecnico-economiche in grado di eliminare le divisioni di classe mentre gli italiani miravano ad abbattere l’inflazione. 2

In Italia uno degli elementi di maggior importanza del Piano Marshall fu il Fondo Lire o Fondo contropartita che venne istituito presso la Banca d’Italia e aveva lo scopo di finanziare progetti di lavoro, in tutti i settori, così da rilanciare l’economia e ricostruire completamente le città e le industrie distrutte dai bombardamenti.

La politica italiana era costantemente monitorata dagli Stati Uniti che dichiararono esplicitamente in un discorso tenuto da George Marshall a Berkeley che gli aiuti economici sarebbero stati immediatamente ritirati qualora alle successive elezioni ci fosse stata una vittoria della Sinistra. Ciò non avvenne e le votazioni del 1948 vennero vinte dalla Democrazia Cristiana, mentre i partiti di sinistra furono estromessi dal governo. Pertanto all’Italia vennero concessi un miliardo e 500 milioni di dollari, destinati prevalentemente al settore industriale, siderurgico e meccanico, i quali, tuttavia, non vennero ripartiti equamente in tutto il Paese: la maggior parte dei fondi vennero destinati al nord Italia mentre al sud continuarono a regnare disoccupazione e povertà.

In maniera speculare ai provvedimenti di natura economica, ne vennero varati altri nel campo della sicurezza internazionale. Uno di essi è la nascita della NATO, un’organizzazione internazionale per la collaborazione nel settore della difesa; il suo trattato istitutivo, il Patto Atlantico, fu sottoscritto il 4 aprile 1949: con tale accordo il governo statunitense si impegnava a sostenere l’Italia in caso di attacco, in cambio del mantenimento delle proprie basi militari nel nostro Paese, per la valenza strategica del controllo aereonavale nel Mediterraneo. Tale concordato si rese necessario a causa delle clausole fortemente restrittive del Trattato di Pace che impediva all’Italia di possedere o costruire armi nucleari, missili, navi da battaglia e mezzi d’assalto di ogni tipo, l’obbligava a smilitarizzare le isole del Mediterraneo come Lampedusa, Pantelleria e la Sicilia e soprattutto imponeva un numero limitato di uomini all’interno delle forze militari. Quindi, si rendeva indispensabile il supporto militare americano, in caso di attacco da parte dell’URSS o di qualsiasi altra potenza, poiché l’Italia non possedeva i mezzi necessari per contrastarne l’avanzata. 

Il momento di svolta avvenne nel 1950 con l’invasione della Corea del Sud da parte delle potenze alleate, il primo vero elemento di crisi del Trattato del Nord Atlantico; venne quindi ideata la cosiddetta “strategia avanzata” che prevedeva il potenziamento militare dei paesi aderenti al concordato. L’Italia affermò la sua impossibilità ad adempiere a tali indicazioni, a causa delle restrizioni impostegli dal trattato di pace e per tal motivo, dopo aver ottenuto il consenso da parte delle altre potenze occidentali, nel 1951 le clausole vennero revocate definitivamente. 3 In seguito, nella sessione di dicembre 1957 del Consiglio Atlantico, il presidente americano Eisenhower propose di mettere a disposizione della Nato una parte delle testate nucleari americane, allestendo sul territorio europeo una nuclear stokpile, e suggerí di dar vita ad un gruppo di studio interno all’alleanza per coordinare la ricerca e la produzione nell’ambito delle armi moderne e tecnologicamente avanzate. Per rivitalizzare la Nato, in un momento particolarmente critico della guerra fredda, oltre che per contrastare le crescenti potenzialità dell’Unione Sovietica nel settore dei missili balistici intercontinentali, per condividere l’arsenale nucleare con gli alleati europei, gli USA offrirono agli alleati europei la possibilità di schierare i nuovi missili balistici a raggio intermedio Thor e Jupiter.

BOCCACCIO ANNALISA

1 Divisione Informazione - Ufficio Stampa- Il generale riepilogo della pubblicazione curata dalla "Missione Americana ERP" in Italia, giugno 1951

2 Chiarella Esposito, Il piano Marshall. Sconfitte e successi dell’amministrazione Truman in Italia, 1996. Riferimento tratto dalla piattaforma JStor

3https://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/storia/lanostrastoria/storianavale/ Pagine/nato.aspx

~ • ~
Luoghi
mappa Base Jupiter- Campo dei Missili- Ex base Nato, Comune di Gravina in Puglia
Luoghi

Base Jupiter- Campo dei Missili- Ex base Nato, Comune di Gravina in Puglia

~ • ~

LE BASI JUPITER

In seguito alle alleanze strette dal presidente degli USA, D. Eisenhower, con i Paesi dell’Europa occidentale, sul finire degli anni ‘50, si era arrivati ad una serie di accordi che permisero l’installazione di basi missilistiche in zone dislocate nel Sud Italia. Gli americani, infatti, erano a conoscenza dell’importanza strategica che rappresentava il territorio murgiano: per gli alleati d'oltreoceano era di vitale importanza possedere missili a gittata intermedia che fossero in grado di colpire i Paesi satellite dell’Unione Sovietica, come l’Albania o la Romania, principali sostenitori del nemico politico e sociale americano per eccellenza. 

Le basi dei missili nucleari pugliesi erano 10 in tutto, destinate ad ospitare 3 missili Jupiter. Possedevano la medesima configurazione strutturale: triangoli equilateri con i lati di circa 300 metri di lunghezza e con gli angoli arrotondati, che racchiudevano in totale un’area pari a 10 ha. Tutte le basi avevano il medesimo orientamento, con uno dei vertici disposto a nord-est, come le 5 basi identiche che furono installate nell'ambito dello stesso programma in Turchia, nel territorio di Izmir. Ogni base possedeva un numero limitato di edifici, tutti caratterizzati da architetture alquanto semplici e regolari (solo piano terra) destinate al comando missilistico, ad alloggi e uffici, per contenere la centrale elettrica e la cisterna. Sono stati costruiti con una tecnica semplice ed essenziale, con murature e solai in laterizi forati di cemento. Quasi al centro, di fronte all’edificio principale degli alloggi, era sito un terrapieno realizzato in cemento ed alto circa 7 metri a forma di U. Lungo il perimetro esterno, erano collocate sei torrette cilindriche, poste su di un piedistallo; tutti gli edifici erano destinati esclusivamente all’operatività dei missili4.

Le postazioni di lancio, invece, erano poste al centro dei triangoli arrotondati, formando un altro triangolo più piccolo tra di loro, inscritto alla base. I missili Jupiter, alti circa 26 metri e con un diametro di 3 metri, erano collocati in verticale, già in posizione di lancio, in tre piattaforme di cemento, poste in corrispondenza dei vertici del triangolo della base.

La loro installazione nel territorio pugliese, è stata ufficializzata in un accordo del 25 marzo 1959, avvenuto tra gli Stati Uniti e l’Italia, verranno poi smantellati nel 1963, dopo la crisi cubana. Il quartier generale fu quello costruito a Gioia del Colle, che iniziò ad armarsi già dal febbraio 1960. Per gli altri missili in arrivo nella Puglia e nella Basilicata, si decise di adottare altre nove basi, ovvero quelle di Acquaviva delle Fonti, Altamura (avente due basi), Gravina, Irsina, Laterza, Matera, Mottola e Spinazzola. 

I missili balistici Jupiter rappresentavano una nuova frontiera dell'innovazione sul campo missilistico a medio raggio. Questi, infatti, erano una versione migliorata dei precedenti Chrysler SSM-A-14 Redstone, i quali erano meno grandi e possedevano una carica inferiore. I PGM-19 Jupiter, a differenza di quelli prima citati, venivano trainati sulla base di lancio e poi eretti attraverso un cavo elevatore. I missili, furono tutti provvisti della bomba H (ad idrogeno), dotata di una potenza distruttiva cento volte superiore a quelle che spazzarono via i territori di Hiroshima e Nagasaki. Inoltre erano presenti altri componenti chimici, quali cherosene ed ossigeno liquido, che fungevano rispettivamente da carburante e ossidante, utili per l’innesco e la partenza del motore. I loro propulsori, garantivano una spinta di 68.040 kg a livello del mare per 2 minuti e 37 secondi. Dopo 70 secondi dall'effettuazione del lancio, al motore principale, si sostituiva quello vernier, con una velocità di Mach 13,04. All’impatto col suolo, veniva sprigionata la carica all’idrogeno, di cui era dotata la testata da 545 kg. In Puglia, quindi, erano presenti ben 50 megaton di bombe nucleari, che avrebbero potuto facilmente disintegrare il territorio italiano e confinante.5

Ma perché furono costruite proprio qui in Puglia? Il sito è stato scelto perché si confidava nell’ignoranza della poca gente che abitava nei dintorni, dedita al duro lavoro nei campi, ignara del boom economico come delle questioni militari e politiche. Ma per quanto lontana dai centri abitati, si fatica a credere che nessuno si fosse accorto delle basi poste strategicamente in altura e dei missili alti 25 m. Non tutti furono così ciechi: nel 1962 numerosi intellettuali italiani firmarono un appello per il disarmo e il 13 gennaio ad Altamura fu organizzata una marcia della pace. Ma la gente del posto non si pose domande, anche se corse un grosso rischio: le basi, non erano dotate di bunker per chiudere i missili di cui disponevano, rendendo la sicurezza davvero instabile. 

In quegli anni, diversi eventi hanno compromesso la vita della popolazione pugliese. Tra questi viene riportato il caso di un MiG proveniente dalla Bulgaria per un volo di spionaggio: la quota a cui volava era rasente il suolo e finì per schiantarsi proprio nelle vicinanze di una delle basi, determinando un serio pericolo di esplosione 6. Ben quattro, sono poi stati gli episodi di fulmini che hanno colpito i razzi, rendendoli talmente pericolosi da inserirli nella lista dei “nuclear accidents”, assieme ai casi delle bombe atomiche nelle città giapponesi. Queste notizie sconcertanti sono pervenute soltanto dopo diversi anni, in seguito al lavoro del giornalista investigativo Eric Schlosser che ha desecretato importanti documenti americani.

Soltanto nei giorni tra l’aprile e il giugno 1963, le trenta testate nucleari in Puglia, furono smantellate, in seguito alla crisi di Cuba del 1962 e grazie agli accordi tra il nuovo presidente americano Kennedy e quello russo Krusciov, anche attraverso l’intercessione del papa Giovanni XXIII. Le dinamiche di abbandono sono state veloci ed anch’esse nascoste. 

Ad oggi, sono visibili solamente le strutture in cemento e laterizio delle basi, quasi del tutto nascoste e deperite. Se gli edifici risultano ancora in piedi, si vedono invece parzialmente demolite alcune piattaforme in prossimità delle rampe di lancio. I terreni sono tornati ad essere utilizzati a fini agricoli (Altamura e Poggiorsini), a volte tanto intensamente da rendere sostanzialmente illeggibili i siti (Acquaviva). La natura se ne è riappropriata e l’intervento antropico ha fatto in modo di trasformarle in campagne e boschi, oppure in zone ospitanti strutture recenti, come l’impianto fotovoltaico presso la base di Irsina. Tra tutte, soltanto la base operativa di Gioia del Colle, posta nelle vicinanze della base NATO, è ancora utilizzata per scopi militari. 

CARLO SPARAPANO 

4 Giuliano De Felice: Archeologia di un paesaggio contemporaneo, Le guerre del Novecento nella Murgia pugliese. Edipuglia, Bari, 2020

5 www.peacelink.it

6 YouTube: Video. Giovanni Minoli: Murge il fronte della guerra fredda, Raitre, “La storia siamo noi”

~ • ~
foto di Amintore Fanfani
Protagonisti

Amintore Fanfani

GLI ACCORDI INTERNAZIONALI

Nell’ottobre del 1959 gli americani iniziarono le spedizioni del materiale che sarebbe servito per la costruzione delle basi Jupiter, terminata nei due mesi successivi. Il 13 gennaio 1960 il primo missile da addestramento era stato collocato in posizione eretta, pronto al fuoco in Puglia, sulla Murgia.

La loro installazione fu fortemente voluta dall’allora presidente del Consiglio Amintore Fanfani. Questi, nel dopoguerra, fu particolarmente apprezzato dal Presidente degli Stati Uniti per la pubblicazione del libro “Cattolicesimo e protestantesimo nella formazione storica del capitalismo”, 7con il quale affermò la sua formazione religiosa e, subito dopo le elezioni sostenute dal governo americano che videro la vittoria della Democrazia Cristiana, si recò a Washington. L'incontro tra Eisenhower e il presidente del Consiglio italiano definì gli accordi che avrebbero portato allo schieramento dei Jupiter.

Le negoziazioni iniziarono il Il 3 settembre 1958: una delegazione guidata dal generale Disosway, spingeva per lo schieramento in Francia, quindi l’incaricato d’affari John Jernigan consegnò al Presidente del Consiglio Fanfani un Aide-memoire dove venivano elencate le proposte americane. Nello stesso giorno il generale Disosway si incontrò con l’aeronautica italiana per i negoziati riguardo i missili IRBM.

Il 26 settembre vennero comunicate le decisioni all’ambasciata americana: l’installazione delle basi missilistiche in Italia era stata approvata, ma con alcune clausole. La prima clausola era che il governo italiano non avrebbe dovuto pagare una lira. La seconda fu la richiesta di una maggior protezione nei confronti dell’Italia, essendo più esposta agli attacchi nemici, ad esempio quelli russi. La terza clausola prevedeva che l’accordo avrebbe garantito all’Italia la posizione di nazione più favorita. La quarta clausola poneva l’Italia al comando dell’intero programma per non rischiare attacchi a sorpresa, ignorati dai vertici militari della stessa Italia, l’ultima clausola prevedeva un uso congiunto dei missili Jupiter.8

Nodo cruciale per lo schieramento dei missili era la questione economica: chi avrebbe dovuto sostenere le spese relative alla loro installazione? Il Presidente americano Eisenhower e l’ambasciatore Zellerbach fecero intuire che l’Italia avrebbe dovuto contribuire, anche se solo in parte. Fanfani ebbe diverse conversazioni con il generale Norstad, con il segretario McElroy e con l'ambasciatore Zellerbach.9 Il 26 marzo 1959 gli accordi erano conclusi: si poteva procedere con l’installazione delle basi Jupiter in Italia. Sulla decisione finale avrebbe pesato anche il parere del Presidente della Repubblica Gronchi, che, durante il suo viaggio in America Latina, approvò il loro schieramento.

Gli aspetti meramente tecnici ed economici furono definiti in un memorandum d’intesa tra l’USAF e l’aeronautica italiana il 14 maggio 1959. La costruzione delle basi Jupiter ammontava a 18 milioni di dollari. Il 26 giugno fu raggiunto l’accordo dove veniva ridotto il rimborso a 12.538.260 dollari con un’aggiunta per gli imprevisti pari a 1.880.740 dollari. In questo testo erano specificate le ripartizioni per il costo dei missili, il loro schieramento e le spese per l’addestramento del personale militare, necessario per il mantenimento delle basi, interamente a carico degli Stati Uniti.

I costi effettivi non sono mai stati rivelati, ma secondo una stima sarebbero stati intorno ai 225 milioni di dollari: l’Italia avrebbe dovuto garantire i terreni, i costi del personale militare italiano e le spese amministrative; inoltre avrebbe dovuto pagare 60 milioni di dollari, tali spese avrebbero portato ad un incremento annuo pari al 4% per la difesa.

Altro nodo cruciale era il posizionamento di tali basi Jupiter all’interno della penisola italica, infatti le diverse fazioni politiche supponevano che le basi sarebbero state installate in regioni quali il Veneto o la Sardegna, luoghi in cui le condizioni economiche erano meno sofferenti; la posizione sarebbe rimasta totalmente segreta all’opinione pubblica, per non causare panico tra i cittadini. Le basi Jupiter furono installate invece tra la regione Puglia e la Basilicata, in quanto la loro forma garantiva una perfetta mimetizzazione con la natura orografica della Murgia, tanto da non essere neanche rilevate dai satelliti.                                                        

Era stato proprio Fanfani, come Presidente del Consiglio, ad indicare lo schieramento dei missili sulla Murgia, come risorsa per la nazione e per la Nato, il loro posizionamento nella penisola definiva l’Italia di cruciale importanza nei rapporti con la potenza russa. L’installazione delle basi Jupiter fu il nodo della politica estera intrapresa dall’Italia anche dal successivo governo Segni, infatti in una nota, perplesso riguardo l’installazione delle basi, aveva dichiarato: ‘’il governo italiano compie un aperto atto di ostilità nei confronti dei paesi socialisti e contro l’Unione Sovietica”. Ma era troppo tardi per tornare indietro.                                                          

La loro installazione avvenne a cadenza mensile: tra il maggio 1960 e il primo marzo 1961 tutte le basi furono operative e pronte al fuoco. La loro installazione si è potuta realizzare solo grazie alla fermezza e alla lungimiranza di Amintore Fanfani che ha avviato e più volte, di persona, sbloccato con diplomazia gli accordi con la Nato.

FRANCESCO BARILE

7 Amintore Fanfani, Cattolicesimo e protestantesimo nella formazione storica del capitalismo, Milano, Società ed. “ Vita e pensiero” 1934

8 Leopoldo Nuti: La sfida nucleare: la politica estera italiana e le armi atomiche, 1945-1991, Il Mulino

9 A. Rossi Longhi al Presidente del Consiglio, 24 novembre 1958, ASMAE, Amb. Parigi

~ • ~

Moderne tecnologie in ambito bellico

Il PGM-19, chiamato anche Jupiter, era un missile a medio raggio, con una gittata tra i 1000 e 5500 km, dotato di testata nucleare. Prodotto dalla Chrysler, che aveva realizzato già il suo predecessore il PGM-11 Redston, il nuovo missile era molto più potente, ispirato alla tecnologia tedesca. Fu concepito dalla Ballistic Missile Agency dell'esercito americano, che aveva bisogno di un'arma capace di colpire il più lontano possibile. Il Jupiter aveva il diametro nettamente maggiore rispetto a quello del suo predecessore, perché inizialmente era stato programmato per sottomarini e quindi aveva bisogno di una maggiore compattezza e una minore lunghezza; ciò influenzò anche quello realizzato per l'Esercito.

Il serbatoio era molto capiente, formato da estrusi laminati in alluminio saldati fra di loro; sotto il serbatoio era posizionato il motore principale, il più efficace dell'epoca. Aveva una potenza doppia rispetto al Redstone e, grazie alla maggior capienza del serbatoio e quindi alla presenza di più carburante, aveva una gittata nettamente superiore. L'assetto del motore non solo era potente, ma il suo effusore, in sospensione cardanica, era in grado di spostarsi in tutte le direzioni. Il sistema Jupiter era mobile: il missile veniva trainato nella postazione di lancio e diretto con un cavo sollevatore; uno speciale riparo ripiegabile a petalo copriva la parte inferiore durante la preparazione prima del lancio e durante le operazioni di rifornimento del carburante.

Il missile, quindi, pensato per l'esercito, fu poi passato all'aeronautica, in quanto, in base al Protocollo di Wilson, novembre 1957, fu deciso che l'US Army non dovesse avere armi con gittata oltre 322 km. Così tutta la tecnologia sviluppata per la mobilità non potette essere più utilizzata e l'arma si ritrovò in silos fissi. Anche se, secondo alcune fonti, il missile continuò ad essere mobile e ciò lo rese molto più pericoloso, perché non poteva essere attaccato in movimento.10

Un altro degli elementi che rendeva l'IRBM Jupiter migliore rispetto alle armi precedenti era la struttura di protezione antitermica che permetteva il viaggio attraverso l'atmosfera a una velocità più elevata: risentendo meno del vento trasversale, colpiva con maggior precisione e raggiungeva una maggiore gittata e un record significativo. L'USAF, quindi, fu costretta ad accettare un dispositivo di certo tecnologicamente più avanzato e più economico del proprio sistema.11

Ogni Jupiter era fornito al suo interno di testata termonucleare, cioè era fornito di una "Bomba H", della potenza di 1,4 megatoni, circa cento volte più potente della bomba di Hiroshima. I missili erano sempre pronti per essere lanciati, infatti, in caso di attacco, dopo circa 15 minuti dall'inserimento delle due chiavi assegnate una ad un ufficiale italiano e l'altra ad uno americano, i Jupiter sarebbero partiti verso l’URSS, pronti a colpire il nemico.

Nell'ottobre del 1961 quattro testate furono colpite da fulmini e in due occasioni venne attivato il processo fisico-chimico preliminare all'esplosione che fortunatamente non avvenne mai. I fenomeni atmosferici però non erano l'unica minaccia per il territorio e gli abitanti che ospitavano le basi, nel caso in cui la guerra fosse scoppiata, queste zone sarebbero state tra i primissimi obiettivi di una ritorsione atomica dell'URSS. Alcune stime dell'epoca avrebbero previsto circa 2 milioni di morti nei primi minuti e fino a 10 ml (un quinto della popolazione Italiana) nelle prime due settimane. "Stiamo correndo dei rischi, ma sono rischi calcolati che non possono essere così seri tanto da mettere in discussione l'essenziale utilità degli Jupiter" (Alan G. James).12

I missili Jupiter furono sostituiti nel 1963 dall' UGM-27 Polaris, il primo SLBM al mondo, ideato per essere un'arma potente e compatta lanciata da sottomarini nucleari. Il Polaris aveva una gittata di quasi 2700 Km, fu ideato nel 1956 ma i primi test di lancio avvennero nel 1958. L'US Navy è stata dotata di questi missili fino al 1974, poi sostituiti dal Poseidon. La Marina Militare Italiana ne aveva previsto l'acquisizione tanto da predisporre l'equipaggiamento da parte dell'incrociatore lanciamissili Giuseppe Garibaldi. Dall' ottobre del 1961 fino all'agosto del 1962 furono testati sia su navi ferme che in navigazione.13

Le rampe installate sul Garibaldi, nonostante gli esiti positivi delle prove, non furono mai utilizzate, sia per gli alti costi di realizzazione sia per il dissenso con gli Alleati, dovuto al rifiuto degli Stati Uniti di fornire informazioni tecniche relative ai sistemi d’arma a bordo, installati sui loro sottomarini lanciamissili. Cosicché i missili Polaris non vennero mai consegnati all'Italia, che avrebbe dovuto riceverne circa 100.

MICHELE PIGNATELLI

10 http://www.quellidel72.it/sistema/jupiter/jupiter_5.htm

11 https://youtu.be/hIjE56452x8

12 documento secretato riportato in foto e in audio

13 Difesaonline.it/news-forz

~ • ~

Rapporto desecretato, redatto nel 1961, dopo una visita alla base murgiana, da parte di Alan James, Bureau of European Affairs, U.S. Departement of States.

terrarealtime.blogspot.com/2016/03/in-Puglia-e-Basilicata-basi.htm

Rapporto sulla visita alle basi Jupiter in Italia

Il rapporto è stato tradotto, sintetizzato e rielaborato dalle alunne della 2ACat, ne vengono lette alcune parti da Giada Di Pinto.

VIDEO: RIPRESE CON DRONE EFFETTUATE DAGLI ALLIEVI DELLA V A CAT IN LOCALITÀ MURGIA DEL CERASO - ALTAMURA

~ • ~

ECOSISTEMA DELL’ALTA MURGIA- INTERVISTA

Dal 1959 al 1963 l’Alta Murgia è stata protagonista sulla scena internazionale per aver accolto sul suo suolo missili a testata nucleare, i cosiddetti missili Jupiter: ciò ha causato inevitabilmente un impatto negativo sugli organismi viventi, caratteristici di questo altopiano. 

Oggi l’ecosistema della Murgia pugliese è molto variegato, sia la fauna che la flora conservano specie rare, protette dal Parco Nazionale dell’Alta Murgia, ma l’ambiente naturale risente ancora delle conseguenze di tale scelta. 

Mi sono rivolta al segretario dell’ufficio del Parco Nazionale dell’Alta Murgia di Ruvo di Puglia, Domenico Lorusso, per porgli alcune domande.

Come ha influenzato la natura l’installazione delle basi Jupiter?

A quei tempi la Murgia era una zona molto povera, la principale fonte di guadagno degli abitanti dei paesi circostanti era l’agricoltura, ma con l’istallazione dei missili, il suolo è stato inquinato, diventando arido e incoltivabile. 

A poco a poco la natura, si sta riappropriando di quell’area, ma senza ottenere un buon risultato. Infatti, dove erano situate le basi, sono ancora presenti i segni di attività antropiche, sono visibili i resti delle caserme e degli alloggi militari ed è possibile osservare anche la base piatta fatta di cemento, per la disposizione dei missili. Ma le costruzioni antropiche sono in uno stato assoluto di abbandono, è frequente imbattersi in cumuli di bottiglie, rifiuti e copertoni, che inquinano il suolo, impedendo così alla fauna di vivere in tranquillità e alla flora di crescere spontaneamente.

In generale qual è l’ecosistema dell’Alta Murgia?

L’altopiano calcareo della Murgia si caratterizza per la presenza di aree aperte con due matrici ambientali: i seminativi a cereali e i pascoli rocciosi. Questi ultimi rappresentano un habitat di grande interesse scientifico e soprattutto di conservazione della biodiversità. In quest’ambiente si rilevano anche alcuni elementi con areale limitato e/o puntiforme di discontinuità ecologica, residui di boschi di latifoglie, piccole raccolte d’acqua, ambienti rupestri, rimboschimenti di conifere.

Il sito dell’Alta Murgia ha zone con diverso ecosistema?

La zona che ci interessa viene chiamata Alta Murgia e si trova a ovest della Puglia, questa zona viene divisa in 3 parti, la prima viene denominata “Altopiano murgiano”, la seconda “Fossa Bradanica” e infine la terza “ La sella di Gioia del Colle”. Nelle ultime due aree possiamo trovare 8 basi Jupiter: Gioia del Colle (BA), Mottola (TA), Laterza (TA), Altamura (BA), Gravina in Puglia (BA), Quasano (BA), Spinazzola (BT) e Acquaviva delle Fonti (BA). 

La Fossa Bradanica e La sella di Gioia presentano un giardino solcato, un esteso reticolo di lame, vengono coltivate estensivamente a seminativi ma con ampia presenza di pascoli e aree boschive. 

Qual è l’ecosistema di ognuna delle due aree interessate dalle basi missilistiche?

La sella di Gioia del Colle è una grande depressione dell’altopiano che scende al di sotto di 350 m. Il paesaggio corrisponde a quello tipico della Murgia di sud – est, le categorie vegetali presenti sono caratterizzate da particolari adattamenti a condizioni di aridità pedologica ma anche climatica. 

Tra la flora sono presenti specie locali, rare e a corologia trans-adriatica; si segnalano le orchidee l’Arum apulum e Oprhys mateolana; numerose sono le specie rare o di rilevanza biogeografica tra cui: Campanula versicolor, Quercus calliprinos, Gagea peduncularis. Il paesaggio presenta un aspetto collinare in cui si alternano aree boscate ad aree coltivate (cereali, foraggere, vigneti e uliveti), inoltre sono presenti anche numerosi solchi di erosione (lame) che costituiscono un reticolo abbastanza denso che arriva sino al mare. A questo ambiente è associata una fauna specializzata, tra cui specie di uccelli di grande importanza conservazionistica: Lanario, Biancone, Passero solitario, Averla capirossa, ma la specie più importante è il Grillaio; sono presenti anfibi e rettili come il Geco di Kotschy.

La Fossa Bradanica, invece, presenta caratteristiche ambientali del tutto diverse dall’altopiano: è formata da residui argillosi e profondi, di natura alluvionale, contrassegnata da un paesaggio di basse colline ondulate con presenza di corsi d’acqua superficiali e formazioni boscose sparse, con caratteristiche ambientali e vegetazionali diverse da quelle dell’altopiano calcareo. A questo ambiente sono associate specie animali del tutto assenti nel resto dell’ambito, quali Nibbio reale, Nibbio bruno, Allocco rosso maggiore, che fanno parte della specie volatile, mentre l’Ululone appenninico appartiene alla categoria degli anfibi. 

  Il suolo è oggi coltivabile? 

Per capire che cosa si può coltivare bisogna esaminare il clima del territorio preso in considerazione, caratterizzato da clima continentale, con estati calde ed inverni freddi, precipitazioni piovose annuali ben disposte durante tutto l’anno. 

I suoli dell’Alta Murgia sono generalmente sottili, raramente profondi, con tessitura fina. In particolare, la Fossa Bradanica, situata fra Gravina in Puglia, Spinazzola, Poggiorsini e Altamura, coltivata soprattutto a seminativi, presenta suoli idonei all’agricoltura, con poche limitazioni, La sella di Gioia del Colle, invece, è prevalentemente a pascolo seminativo e presenta suoli che ostacolano l’agricola. 

Cosa potrebbe fare l’istituzione dell’Alta Murgia per favorire l’ecosistema naturale in quest’ area?

Il Parco dell’Alta Murgia potrebbe aiutare la natura ripristinando l’habitat naturale di flora e fauna, riducendo le costruzioni antropiche e possibilmente limitando o controllando l’accesso di curiosi, visitatori e turisti. A Gravina in Puglia, per esempio, l’area delle basi Jupiter è stata aperta da poco al pubblico, senza contenimento degli ingressi e si è visto come lo stato delle piante si è indebolito sempre più, in breve tempo.

Inoltre un accurato sopralluogo ha permesso di evidenziare crani, ossature di animali, probabilmente morti a causa delle scorie radioattive, trasmesse qualche decennio fa dai missili e ancora presenti sul suolo, in maniera cospicua, tali da uccidere le bestiole indifese. In futuro è quindi auspicabile un’opera di bonifica delle radiazioni, a tutela della salute dei cittadini pugliesi per la salvaguardia della bellezza e della biodiversità del parco nazionale. 

Inoltre è necessaria una riorganizzazione del sito, con un incisivo impegno di Enti e comunità locali, tale da permettere lo sviluppo di una forma di turismo culturale sostenibile, che rivaluti la Murgia pugliese, da sempre uno dei luoghi più singolari del Mediterraneo.

GADALETA SARA

~ • ~
~ • ~

“Le bombe non scelgono. Colpiscono qualunque cosa.” - Nikita Chruscev

La guerra fredda vide come dominatori della scena politica mondiale due blocchi politico-militari, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica: queste due grandi potenze tentavano entrambe di predominare politicamente ed ideologicamente il mondo. L’Italia trasse notevoli benefici dalla vicinanza con la Nato, allo stesso tempo cercò di mantenere rapporti diplomatici con l’URSS: i nostri politici democristiani espressero in più circostanze l’ambizione di voler emergere sulla scena mondiale svolgendo il difficile ruolo di “cerniera” che avrebbe unito Est ed Ovest.17

In quegli anni l'Unione Sovietica possedeva basi nucleari molto potenti, concentrate principalmente nell’emisfero Est, ma anche in Europa, Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia. La Russia minacció più volte la guerra: il 18 novembre 1956 Nikita krusciov, mentre si rivolgeva agli ambasciatori occidentali a un ricevimento presso l’ambasciata polacca a Mosca, disse la famosa frase “Che vi piaccia o meno, la storia è dalla nostra parte. Vi seppelliremo”. In seguito affermò che non aveva parlato di guerra nucleare, ma piuttosto della vittoria, storicamente determinata, del comunismo sul capitalismo. Anche gli Stati Uniti disponevano di basi militari sparse in diverse parti del mondo: in Puglia e Basilicata, sulla Murgia, 10 basi con tre missili Jupiter ciascuna erano pronte a colpire la Russia e i Paesi satelliti comunisti, in caso di guerra. I piani statunitensi della fine degli anni 1950 per un’ eventuale guerra nucleare includevano la “distruzione sistematica” di 1200 maggiori centri urbani appartenenti al blocco orientale e alla Cina, tra cui Mosca, Berlino est e Pechino, con la loro popolazione civile annoverata tra gli obiettivi primari.

Ma già nel 1956, URSS e USA, erano riuscite a trovare un accordo per garantire la pace, durante la Crisi di Suez: il Canale venne occupato militarmente da Francia, Regno Unito e Israele che si opponevano alla nazionalizzazione da parte dell'Egitto. La crisi si concluse quando l'Unione Sovietica minacciò britannici, francesi e israeliani di intervenire alleandosi con Stati Uniti ed Egitto, minacciando di ricorrere all'uso dell'arma nucleare. Anche in questo caso, mentre Francia e Gran Bretagna si opponevano fermamente alla nazionalizzazione del Canale, l’Italia, cercò di risolvere la controversia in modo pacifico senza ricorrere all'uso delle armi.18

Lo stesso anno si ebbe un’altra crisi internazionale che vide ancora coinvolta la diplomazia del nostro Paese, in Ungheria: proprio lì si verificò quella che è passata alla storia come la “Rivoluzione Ungherese”, scoppiata il 23 ottobre 1956: nacque come una sommossa, messa in atto da giovanissimi studenti, ma pian piano si trasformò in una vera e propria rivolta contro il comunismo e la presenza sovietica in Ungheria. Fu un avvenimento dal quale l’Ungheria ne uscì sconfitta e che spinse i membri della sinistra italiana a rivedere le valutazioni espresse fino a quel momento sul comunismo e sui suoi obiettivi, ma soprattutto ad impostare nuovi rapporti con l’Ungheria partendo dal presupposto che ciò che era accaduto aveva dimostrato quale fosse ormai l'ordine mondiale vigente. 19

Nel ‘63, la caduta del centro-sinistra coincise con la fine del ruolo di Fanfani come diplomatico internazionale, ma soprattutto con il consolidarsi della distensione dei rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica che delusero le ambizioni dell’Italia di essere ponte tra Oriente e Occidente.20

COSMO SANCILIO

17 Alessandro Salacone - Le relazioni italo-sovietiche nel decennio 1958- 1968. Uno sguardo da Mosca. StoricaMente, Università degli studi di Bologna – Dip. di storia culture e civiltà.

18 1956: “LA STAMPA” E LA CRISI DI SUEZ di Daniela Franceschini.

19 LA RIVOLUZIONE UNGHERESE DEL 1956 E L’ITALIA a cura di Andràs Fejèrdy

20 L'Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta: Tra guerra fredda e distensione. A cura di Agostino Giovagnali, Silvio Pons. 2003 Rubettino Editore.

~ • ~
foto di Johan Fitzgerald  KENNEDY
Protagonisti

Johan Fitzgerald KENNEDY

LA SFIDA DI FIDEL CASTRO

Nel 1962, in totale segretezza, alcune navi russe portarono a Cuba, con la complicità di Fidel Castro, dei missili nucleari ancora smontati. Il presidente americano, John Kennedy, venuto a conoscenza di questo transito nascosto russo, decise di di attuare un blocco navale davanti all’isola, quindi di non bombardare Cuba, di non affondare le navi russe. Il 23 ottobre dello stesso anno, poi, ordinò ai russi di tornare indietro: se fossero state avvistate navi russe superare il limite massimo stabilito, le navi americane avrebbero attaccato.

L’attrito era iniziato il 15 ottobre 1962 quando alcuni aerei spia U-2 americani sorvolarono su Cuba e fotografarono tutti gli spostamenti segreti. Inizialmente si pensava che stessero trasportando materiale per costruire industrie, ma poi gli americani scoprirono che si trattava di pezzi per basi missilistiche nucleari. Erano stati installati missili sovietici a medio raggio Ss-4 e Ss-5, capaci di raggiungere il suolo americano in meno di cinque minuti dopo un loro eventuale lancio. 21

Il 27 ottobre 1962 Cuba abbattè un aereo della contraerea americana a più di 20.000 metri di quota, uccidendo il Maggiore Rudolf Anderson, uno dei migliori piloti americani insignito con due Distinguished Flying Cross.22 In quel momento, il mondo pensò al peggio, temendo addirittura una terza guerra mondiale. Il livello di tensione della NATO si alzò passando da DEFECON 1 a DEFECON 2. La morte del pilota venne poi omaggiata dal presidente Kennedy che lo decorò postumo con la Air Force Cross. Tutt’oggi è visibile questo aereo abbattuto nel Museo della guerra a Cuba, come simbolo di forza: una nazione piccola come Cuba aveva sfidato una grande nazione, quella americana.

In realtà già nel 1961, gli Stati Uniti, dopo una operazione della CIA (Central Intelligence Agency), avevano invaso Cuba di Fidel Alejandro Castro Ruz, però l’attacco fu respinto dai cubani nella storica battaglia ‘’Baia dei Porci’’; perciò le tensioni tra i due Stati erano già molto alte e, con l’arrivo del 1962, il patto segreto tra Cuba e Unione Sovietica scosse il mondo per un possibile conflitto. 23

Ma perché l’Unione Sovietica voleva portare dei missili proprio a Cuba? Per rispondere agli Stati Uniti che avevano posizionato le proprie armi nelle vicinanze della Russia, cioè in Turchia e in Italia, sulle Murge: le basi Jupiter. Non ci fu una vera e propria guerra militare: tutto fu basato sul terrore reciproco, sulla paura delle armi nucleari.

Entrambe le parti non vollero cedere e le due potenze trovarono un accordo: il 27 ottobre 1963, kennedy, con un patto segreto, prometteva all’ambasciatore russo, Anatolij Fëdorovič Dobrynin, lo smantellamento dei missili Jupiter, in particolare quelli della Turchia, di grande importanza strategica, poiché confinante all’epoca con la Russia, e anche delle basi missilistiche pugliesi; in cambio Nikita Krusciov, segretario generale dell’Unione Sovietica dal 1953 al 1964, smantellava i missili Ss-4 e Ss-5 sovietici a Cuba.

L’Italia giocò fin da subito un ruolo fondamentale poiché presente nel patto NATO. I missili installati in Puglia erano considerati una pedina importante, sia dal punto di vista politico che militare, in caso di un eventuale attacco russo. Lo stesso presidente del Consiglio, Fanfani, venne avvisato con una lettera, spedita da Kennedy, della presenza delle armi sovietiche a Cuba e della sua scelta riguardo al blocco navale. Alla fine anche i missili Jupiter furono rimossi, in seguito ad un accordo segreto.

Inoltre, nel 1961 in Puglia, la Nato aveva costruito uno dei più grandi radar del mondo a San Vito dei Normanni, vicino Brindisi, proprio per monitorare tutte le basi missilistiche presenti in Italia, perciò se fosse scoppiato un conflitto, una delle prime mete russe sarebbe stata proprio l’Italia poiché presenti in Puglia sia le basi missilistiche, sia uno dei radar più potenti dell’epoca.

AGOSTINO ALTIERI

________________________

21 Sono stati visionati diversi Video Youtube di Alessandro Barbero, storico, accademico e scrittore italiano.

22 Articolo di storia segreta: Rudolf Anderson, Il pilota ucciso durante la crisi di Cuba, pubblicato il 28 OTTOBRE 2016 

23 Giorgio Bergamino, ‘’IL GRANDE LIBRO DI STORIA’’ , prima pubblicazione: 14 settembre 2011, Ed. Marco Scuderi

foto di MILIUSC SOLAKOV
Protagonisti

MILIUSC SOLAKOV

ALLARME SPIA BULGARA

Miliusc Solakov, tenente dell’aviazione bulgara, è stato protagonista di una delle più singolari storie della Guerra fredda, di un episodio che ha fatto parlare dell’Altopiano delle Murge in tutto il mondo.

Negli anni ‘60, l’unico modo per fotografare una base dall’alto era volare su caccia ultramoderni, potenti e capaci di tenersi fuori dalla portata di contraeree e di intercettori: è ciò che avvenne il 20 gennaio 1962 in località Lamone nei pressi di Acquaviva. Ma il vecchio Mig 17, un caccia sovietico degli anni cinquanta che trovò ampio impiego in tutte le aeronautiche del blocco socialista, precipitò in una zona di campagna malconcio. In quella località erano da poco stati installati i missili Jupiter, dopo un accordo tra il governo americano e italiano, i PGM-19 Medium-Range Ballistic Missili; le testate vennero prese in consegna dall’Aeronautica Militare che le affidò alla 36° Aerobrigata Interdizione Strategica, unità che dislocò i PGM in più siti super protetti dalla NATO. 

Inizialmente si pensava che lo straniero fosse un industriale che si stesse dirigendo in Puglia per la Fiera del Levante, ma poi venne notata sul veivolo la coccarda dell'aeronautica militare bulgara. L’evento mise in agitazione non solo i vertici militari italiani ma anche quelli Nato: il Mig 17, dotato di sofisticate apparecchiature per microfilmare dall’alto, era planato a pochissima distanza dalla postazione di missili Usa. 14 La psicosi della spia venuta dall’altra parte della Cortina di Ferro inasprì la diplomazia delle due parti: ne nacque un caso internazionale. La guerra fredda aveva prodotto la psicosi delle spie, agenti segreti che tentavano di rubare segreti del campo avversario, e dei traditori, persone che vendevano la sicurezza del proprio paese. Inviati e fotografi arrivarono da ogni parte; in quel periodo anche tre fotografi tedeschi vennero arrestati per spionaggio perché tentavano di fotografare la base aerea di Gioia del Colle.

Fu per prima La Gazzetta del Mezzogiorno, in quel gennaio 1962, a raccontare del volo del pilota bulgaro. L’Unitá, con un editoriale intitolato I missili in Puglia si vedono dal treno, cercò di sminuire l’incidente, sostenendo che, chiunque avrebbe potuto fotografare gli ingombranti i missili statunitensi, anche passando semplicemente col treno, senza essere scoperto.15

Per fortuna il pilota, ritrovato da un contadino che si recava al lavoro la mattina seguente, riportò solo lievi ferite. Ma, mentre Solakov veniva interrogato, emergevano particolari curiosi: la pellicola trovata nel caricatore dell’apparecchiatura fotografica, all’avanguardia per foto ad alta quota, non era stata impressionata e il serbatoio, rimasto integro malgrado l’impatto, era a secco. 

Diverse le domande rimaste insolute anche dopo il processo: un aereo spia che non fotografa e che vola senza il carburante necessario a completare la missione? Forse il pilota voleva solo fuggire. Ma allora perché correre un rischio del genere e magari rimanere senza carburante nel cielo dell’Adriatico, invece di scegliere come meta la ben più vicina Grecia, paese del Patto Atlantico

Solakov, giovane di 24 anni, confermò di essere fuggito. Giustificò la scelta della rotta italiana limitandosi a definirla “tecnicamente più sicura”, anche se ciò avrebbe significato sorvolare i cieli di Jugoslavia e Albania senza permesso. Si ipotizza che questi paesi fossero obbligati dagli Stati aderenti al Patto di Varsavia a tollerare, in cambio di chissà quale contropartita, queste violazioni dello spazio aereo.16

Malgrado si trattasse di un militare di un paese nemico, Solakov suscitò presto le simpatie dei pugliesi: si innamorò di una maestra di Bari e la stampa di sinistra cercò di ridimensionare le sue accuse di spionaggio. In seguito, il giovane pilota riuscì a farsi capire e a convincere i giudici di essere scappato per amore, o meglio, scappato dalla Bulgaria per non essere costretto a sposare una ragazza che non amava: era arrivato in Italia e, quando si era accorto di essere rimasto senza carburante, aveva cercato la prima radura per tentare l’atterraggio, planando come un aliante. Dopo un anno di indagini minuziose, i giudici si convinsero dell’innocenza del giovane pilota. Politicamente, in Italia, grazie all’abilità di Moro e di Amintore Fanfani, la crisi del Mig pugliese fu superata con nuova apertura a sinistra del Governo. Infine, il 3 gennaio, le autorità italiane liberarono il pilota, assicurandosi che il governo bulgaro non gli facesse scontare, in patria, una ulteriore pena. 

Sofia accolse, con imbarazzo, le richieste italiane per il rilascio di Miliusc, ma, pare, che gli americani in seguito al rilascio abbiano proposto al giovane di volare con loro negli States, perché a quei tempi poteva risultare utile avere un giovane pilota dell’Est ... e da allora si è spersa ogni traccia del militare.

DOMENICO AMATO

14 https://www.barbadillo.it/64636-aeronautica-la-36-aerobrigata-gli-jupiter-e-il-singolare-caso-di-miliusc-solakov/

15 https://segretidellastoria.WordPress.com.con.amproject.org

16 https://quotidianodibari.it/miliusc-la-spia-che-scese-in-puglia/

Particolarmente significativa è la foto del muro del terrapieno, un ostacolo visivo nonché temporale

foto di Giulio Andreotti
Protagonisti

Giulio Andreotti

GLI ACCORDI PER IL RITIRO

Solo nella primavera del 1963, i trenta missili nucleari posizionati in Puglia furono disinstallati, dopo la crisi cubana: le trattative tra il Presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, e la nostra diplomazia politica e militare furono molto intense. Un ruolo di indiscussa rilevanza fu svolto, per l’Italia, dal Ministro della Difesa Giulio Andreotti (mandato 1959-1966), oltre che dal presidente del Consiglio Fanfani.

Il 5 gennaio 1963 in una lettera al Ministro Andreotti, gli americani presentarono la necessità di smantellare le basi Jupiter dalla Puglia per migliorare l’impostazione generale della difesa Atlantica. In realtà l’Italia era già stata informata della decisione americana di ritiro dei missili nel mese di dicembre, durante la riunione di Parigi del Consiglio Atlantico a cui partecipò il nostro ministro della Difesa, ma lo stesso Andreotti preferì non riferire tale circostanza al Presidente del Consiglio Fanfani, il quale ne fu informato solo quando, in gennaio, venne data al Governo italiano comunicazione ufficiale.24 Subito dopo, Fanfani si recò a Washington in visita ufficiale dal Presidente Kennedy, dove fu accolto con grande cordialità: furono discusse sia le questioni riguardanti lo smantellamento dei Jupiter, sia le scelte politiche che avrebbero successivamente governato l’Italia. Fu in quella trattativa che gli italiani proposero di sostituire i missili con un altro sistema di armi, gestito congiuntamente da Italia e Stati Uniti, ma fu offerta all’Italia e alle altre potenze europee solo la possibilità di entrare a far parte di una forza multilaterale (MLF). 

Durante la stessa riunione di Parigi fu proprio il ministro Andreotti a proporre come alternativa ai Jupiter la possibilità di schierare tre sottomarini americani armati di missili Polaris, i cui obiettivi sarebbero stati scelti dal comandante dell’Alleanza Atlantica con il concorso delle forze armate italiane; questi missili sarebbero stati collocati a bordo dell’incrociatore italiano Garibaldi, 25 possibilità che era stata prospettata anche dal Presidente Kennedy. Anche se consapevoli che il ritiro delle basi Jupiter era, in realtà, stato oggetto di trattativa segreta tra i sovietici e gli americani, sia il Presidente americano che il segretario della Difesa MCNamara, cercarono di convincere Fanfani che le motivazioni dello smantellamento erano legate all’obsolescenza di quel sistema difensivo e al timore di un bombardamento da parte dell’Unione Sovietica in Italia.

I missili Jupiter furono quindi rimpiazzati dai missili Polaris, un obiettivo molto più difficile da colpire, quindi anche più sicuro, e sarebbero stati collocati tra la primavera e l’estate del 1963 su sommergibili americani nel Mediterraneo. Qualche giorno dopo l’incrociatore Garibaldi fu presentato al pubblico italiano alla presenza del Ministro della Difesa Andreotti e del Capo di Stato maggiore della Marina. In realtà l’incrociatore non fu mai utilizzato nell’ambito della forza multilaterale della quale l’Italia faceva parte, né il Presidente Fanfani mai sollevò la questione, nei successivi colloqui con il Presidente degli Stati Uniti Kennedy, né in altri contesti.

Ma in Italia, come fu accolta la decisione di rimuovere le basi sulla Murgia? 

Il ritiro dei missili Jupiter non piacque ad alcuni settori della società italiana, alle forze armate, ai diplomatici e al governo, i quali pur non pensando di opporsi alla decisione, erano preoccupati del fatto che l’Italia avrebbe perso il suo importante ruolo tra i membri non-nucleari dell’Alleanza Atlantica. Per contro, fu accolta positivamente da una parte delle forze del centro sinistra italiano: in particolare il PSI accolse con un certo favore le iniziative del Ministro, volte a frenare la corsa agli armamenti, mentre le forze moderate avrebbero contestato, non tanto la nuova logica del processo di Arms control, quanto i suoi sviluppi, che avrebbero intaccato le aspirazioni italiane a uno status paritario all’interno dell’alleanza.26

Le operazioni di smantellamento dei missili, nome in codice POT PIE I, definite con uno scambio formale di note diplomatiche tra il governo americano e italiano, furono condotte molto rapidamente e con particolare discrezione; il Dipartimento di Stato fu molto attento ad impedire persino alla Nato di interferire troppo con la procedura. La 36ª Aerobrigata Interdizione Strategica cessò di essere operativa dal 1 aprile 1963, data in cui il sottomarino americano equipaggiato con missili Polaris era stazionato nel Mediterraneo e dal 21 giugno dello stesso anno la base di Gioia del Colle divenne una normale base dell’aeronautica.

Il nostro ministro della Difesa Giulio Andreotti era consapevole, come pochi altri politici di quella legislazione, del valore simbolico dell’operazione di smantellamento dei missili Jupiter: la smilitarizzazione della Murgia rappresentò lo spartiacque della guerra fredda, ponendosi tra la sua fase più acuta e quella più distensiva, l’inizio del cammino verso il controllo degli armamenti da parte di USA e Unione Sovietica. Nell'area, ancora oggi, non restano che le macabre rovine delle installazioni a testimonianza del rischio di una catastrofe nucleare che la Puglia, l'Italia, l'Europa, il mondo intero hanno corso in quegli anni. 

SERGIO BINETTI

24 Diario Fanfani, 9 gennaio 1963, in Archivio Storico Fanfani, Carte Fanfani

25 Notiziario, in “Rivista Marittima”, marzo 1963, anno XCVI, n. 3, p. 83

26 Leopoldo Nuti: La sfida nucleare - La politica estera italiana e le armi atomiche 1945 -1991” Il mulino

Intervista ad un ex militare

Abbiamo intervistato un aviere che ha svolto il servizio militare negli anni ‘80 e abbiamo scoperto che in quegli anni c’era ancora un clima di tensione internazionale e che venivano effettuate esercitazioni missilistiche con regolarità.

VIDEO: DAGLI ANNI ‘60 ALLA RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE E TURISTICA (BASE MISSILISTICA DI GRAVINA IN PUGLIA)

~ • ~

Bibliografia

  • Giuliano De Felice: Archeologia di un paesaggio contemporaneo, Le guerre del Novecento nella Murgia pugliese. Edipuglia, Bari, 2020

  • Leopoldo Nuti: La sfida nucleare: la politica estera italiana e le armi atomiche, 1945-1991, Il MulinO

  • Chiarella Esposito, Il piano Marshall. Sconfitte e successi dell’amministrazione Truman in Italia, 1996 riferimento tratto dalla piattaforma JStor

  • https://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/storia/la-nostra-storia/storianavale/Pagine/nato.aspx

  • https://segretidellastoria.WordPress.com.con.amproject.org

  • Alessandro Salacone - Le relazioni italo-sovietiche nel decennio 1958- 1968. Uno sguardo da Mosca. StoricaMente, Università degli studi di Bologna – Dip. di storia culture e civiltà.

  • Giorgio Bergamino, ‘’IL GRANDE LIBRO DI STORIA’’ , prima pubblicazione: 14 settembre 2011, Ed. Marco Scuderi.

  • Video YouTube Giovanni Minoli: “Murge il fronte della guerra fredda”, Raitre, “La storia siamo noi”

  • Divisione Informazione - Ufficio Stampa- Il generale riepilogo della pubblicazione curata dalla "Missione Americana ERP" in Italia, giugno 1951


Storytelling

INTERVISTA IMMAGINARIA AL GENERALE ITALIANO GRAZZIANI

18 agosto 1961

Sara: Salve signor Grazziani, siamo studenti del geometra Salvemini di Molfetta. Sappiamo che lei è il comandante di questa base militare, qui a Gioia del Colle. Vorremmo porle alcune domande sulla sua attività.

Generale: Mi piacerebbe parlare con voi, ragazzi. In realtà non so quanto tempo potrò dedicarvi: qui siamo sempre in emergenza, facciamo turni estenuanti e siamo sempre “sorvegliati” dagli americani.

Annalisa: Cosa ha provato quando le hanno comunicato che doveva venire alla base militare a Gioia del Colle e che sarebbe stato lei a dirigerla?

Generale: Beh, ragazzi devo dire che non è stata una novità per me e per certi versi me l'aspettavo. Tre anni fa, tutti noi militari eravamo a conoscenza della tensione militare tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica ed era inevitabile la creazione di nuovi basi militari in Europa, specialmente in Italia dove, come ben sappiamo, i politici sono in continua apprensione.

Michele: Dopo che i fulmini hanno colpito e attivato i missili, ha pensato che prima o poi le basi esploderanno indipendentemente dagli attacchi russi?

Generale: Il rischio e la paura sono elevati, ma per difendere le nostre idee e la nostra società dobbiamo compiere questa missione, anche a rischio della nostra stessa vita.

Francesco: Lei ha parlato degli americani, la collaborazione tra Italia e America per lei è fondamentale?

Generale: Ovviamente, la collaborazione tra Italia e America è alla base della nostra attività poiché le esercitazioni vengono fatte dagli americani con il supporto italiano.

Luca: Come le sembra il rapporto con i soldati americani?

Generale: Noi italiani ci siamo trovati abbastanza bene quando abbiamo lavorato a fianco degli americani, anche quando molti di noi sono stati chiamati all'addestramento per capire la funzionalità delle basi missilistiche. D’altronde abbiamo in comune la paura di una nuova guerra...

Carlo: Come vi sembra la popolazione locale?

Generale: Oh, la gente del posto è fantastica. Sono stati tutti molto cordiali con me ed i miei compagni. Quando siamo andati a visitare il paese vicino alla nostra base, abbiamo avuto la fortuna di parlare con alcuni abitanti. Ci hanno offerto immediatamente grande ospitalità e soprattutto cibo, anche se parlano un dialetto ... che sembra appartenere solo a loro.

Paolo: Quando avete incontrato la popolazione locale, vi hanno fatto delle domande sulla vostra presenza qui?

Generale: La gente che popola questi territori non è per niente istruita, dunque non si è minimamente posta il problema. Inoltre non c'è mai stato detto o concesso di riferire i nostri piani alla popolazione.

Cosmo: Qual è l’episodio che non riuscirà mai a dimenticare ?

Generale: È quasi impossibile dimenticare tutta l’esperienza... però se ci penso .... quando non ho dormito per più di dieci notti consecutive, per il terrore di bombardamenti, non so neanche io come ho fatto a resistere! Quando ho deciso di fare questo lavoro ero consapevole dei rischi che avrei affrontato.

Doriana: Ha mai pensato di abbandonare la base per tornare dalla sua famiglia?

Generle: A dire la verità, molte volte ho pensato di non farcela e di mollare tutto, ma mi sono sempre detto che devo farlo, proprio per la mia patria! Prego sempre che siano orgogliosi di me!

Sara: Cosa non scorderà mai di questo luogo?

Generale: Fammi pensare ... non dimenticherò mai il panorama. Un infinito tavolato verde oltre il quale si intravede il Gargano. Quando svolgo il mio turno di guardia sulle torrette, mi innamoro sempre più di questo meraviglioso paesaggio.

Be’ ragazzi, ora devo proprio lasciarvi. Non venite più da queste parti. È pericoloso!

Autori

Classi 2A CAT - 5 A CAT - 5 B CAT - ITET "G. Salvemini" Molfetta

  • prof.ssa Lucia Naglieri (coordinamento)
  • prof.ssa Giovanna Panunzio (coordinamento)
  • Agostino Altieri
  • Domenico Amato
  • Francesco Barile
  • Leo Binetti
  • Sergio Binetti
  • Annalisa Boccaccio
  • Luca Ciliberti
  • Doriana De Cesare
  • Giada Di Pinto
  • Sara Gadaleta
  • Michele Lonardelli
  • Michele Pignatelli
  • Paolo Salvemini
  • Cosimo Sancilio
  • Carlo Sparapano